Con le tensioni tra Occidente e Cina che aumentano, l’UE decide di accelerare le pratiche per l’indipendenza dai chip asiatici.
Se prima tutti ne erano convinti, ora sta diventano una certezza assoluta. La spaccatura che è sempre esistita tra Occidente ed Oriente sta diventando sempre più profonda, e la crisi economica non fa altro che aumentare la asperità di un conflitto che ormai abbraccia tutti i campi. E mentre i generali si minacciano a distanza, è guerra totale nel settore alimentare, dell’energia, sociale, politico, economico e ovviamente tecnologico.
E se da un lato si cerca di limitare il più possibile la dipendenza dalla Cina per i beni che non sono di prima necessità, si pensi alla guerra mossa contro TikTok per farla eliminare dagli smartphone di USA ed Europa, è altrettanto ovvio che la dipendenza è palpabile in tanti altri campi. In particolare, per quanto concerne quello dei chip.
Processori fatti nei Paesi dell’ONU, passo in avanti storico: guerra alla Cina
La maggior parte dei chip esistenti negli smartphone, nelle console, nei PC, nei forni e in qualsiasi apparecchiatura smart di ogni fascia di prezzo e marca ha la stessa origine: Cina. L’intero sud-est asiatico si è ormai specializzato nella creazione di ogni tipo di chip, diventando necessari al mondo dell’elettronica di consumo. Ma Stati Uniti ed Europa vogliono tagliare questo cordone ombelicale, investendo pesantemente per cercare di creare chip in Occidente, da distribuire e produrre in territori appartenenti all’ONU.
Il Chips Act europeo ha avuto una forte accelerata, con i Paesi occidentali che hanno ulteriormente chiarito linee guida e organizzazione per mettere in piedi una rivoluzione tecnologica ed economica di portata mondiale. E’ stato stabilito che entro il 2030 il 20% dei chip esistenti dovranno essere fabbricati in Occidente. E non solo, con tre punti fondamentali stabiliti:
- Competenze di alto livello. I firmatari del Chips Act hanno previsto un budget di circa 6.2 miliardi di euro da investire per piattaforma di progettazione in tutta Europa, con un mix tra finanziamenti pubblici e privati
- Produzione su larga scala. Saranno stanziati circa 43 miliardi di euro per la creazione di grossi impianti di assemblaggio e distribuzione dei chip lavorati su tutto il territorio ONU.
- Collaborazione. Maggiore unione tra tutti i Paesi firmatari per mettere insieme spazi, risorse, competenze e materiali al servizio del Chips Act.
Non resta che vedere come procederà questo piano, e quale sarà la risposta della Cina per mantenere il mercato nelle sue mani.