Quando intervengono i governi, soprattutto quello USA, sempre meglio stare zitti e pagare. Ogni gigante High Tech ha il suo scheletro dentro l’armadio. Ci si guadagna almeno d’immagine e si evitano brutte figure.
E’ un po’ come salire sull’autobus svariate volte senza biglietto. Quando ti beccano, inutile star lì ad accampare scuse, anche se in teoria hai ragione, meglio pagare una multa per tutte le volte che ti è andata bene.
Apple (e la sua battaglia con l’Unione Europea), Google, Mark Zuckerberg e le sue app borderline in termini di sicurezza e privacy. Ma anche Telegram e chi più ne ha più ne metta: tutti, spesso, prevaricano quella sottile linea rossa, andando incontro a multe salate, che vuoi per un motivo vuoi per un altro, alla fine devono pagare per forza, perché nessuno di loro è senza peccato.
Non fa eccezione Seagate Technology, vicino di casa di Apple (ha la sede proprio a Cupertino, a due passi da Tim Cook), semplicemente una delle aziende leader a livello globale, competitor di Western Digital nel segmento di mercato dei dischi rigidi, usati nei computer server e nei desktop, nei DVR nella Xbox, nei lettori audio portatili.
Che storiaccia con Huawei
Il governo degli Stati Uniti l’ha scoperta, accusandola di aver venduto hardware sottobanco alla Cina, uno dei nemici assoluti degli americani. Il male supremo. Smentite, difesa del proprio operato, ma alla fine Seagate Technology ha preferito patteggiare una sanzione da 300 milioni di dollari, accordandosi con le autorità statunitensi, sulla storia dei dischi rigidi. Una storiaccia.
Non si può definire in altro modo la spedizione di dischi rigidi per un valore di oltre un miliardo di dollari a Huawei, bannato sin dai tempi in cui Donald Trump era il presidente degli Stati Uniti, nonostante l’accusa (a quanto pare azzeccata) è stata una chiara violazione delle leggi americane sul controllo delle esportazioni. Non si è trattato di un una tantum. Seagate Technology era in faccende, affaccendato con Huawei, visto che il governo degli Stati Uniti ha notato come le reiterate spedizioni sono durate per un lasso di tempo ipotizzabile tra l’agosto 2020 e il 29 settembre 2021 in ben 429 occasioni senza autorizzazione. In pratica un’operazione commerciale deliberata. Ma perché?
Perché sia Toshiba che Western Digital hanno cessato di vendere dischi rigidi senza l’approvazione delle autorità statunitensi, proprio peraltro nell’agosto 2020. Seagate, invece, è andata avanti diventando l’unico fornitore di dischi rigidi di Huawei, con tanto di accordo triennale fra le parti. Alla fine, pensandoci bene, la sanzione di trecento milioni di dollari non può essere considerata una stangata, forse anche per questo che Seagate Techonology ha patteggiato con le autorità statunitensi.