In Giappone, l’Università di Shinshu è riuscita a rilevare una correlazione tra una postura scorretta ed il declino cognitivo che può verificarsi in età avanzata, ma non solo: anche in gioventù adottare abitudini sbagliate può condurre – e predisporre – allo sviluppo di limiti cognitivo-intellettivi. Ecco i dettagli di quanto emerso dallo studio.
Esiste un legame diretto tra il declino cognitivo ed una postura scorretta: è quanto emerso da una ricerca condotta all’Università di Shinshu in Giappone, che ha evidenziato l’importanza dell’equilibrio spinale sagittale per il mantenimento delle capacità intellettive e, viceversa, il loro deterioramento in caso di sua assenza.
Lo studio è stato effettuato su persone di età adulta ed anziana, tra i 50 e gli 89 anni, su larga scala, ed ha dimostrato l’emergere di evidenti cedimenti e riduzioni delle capacità cognitive quando, in particolare, testa e collo si disassano rispetto al nostro baricentro, sporgendosi verso l’avanti in relazione al bacino.
Il declino cognitivo rilevato in casi simili di postura scorretta è stato di tipo moderato, ma significativo e costante, e pone l’attenzione sull’importanza di una corretta interrelazione tra salute fisica e salute mentale, suggerendo la necessità di adottare abitudini posturali che conducano al mantenimento della prestanza cerebrale.
E’ interessante notare che gli effetti della cosiddetta “anteriorizzazione dell’asse verticale sagittale” (SVA), ovvero della postura scorretta di collo e capo rispetto al bacino, non mostra gli stessi risultati di declino cognitivo tra donne e uomini.
Infatti lo studio ha rilevato che le donne che manifestino un SVA maggiore o uguale a 70 millimetri rischino di ingenerare un declino cognitivo a qualsiasi età; mentre, per gli uomini, un valore simile potrebbe condurre al declino soltanto dopo aver superato gli 80 anni. Ma se il valore dell’SVA aumenta ai 100 millimetri, anche per gli uomini il declino cognitivo può cominciare in qualsiasi momento della vita.
Inoltre, i ricercatori Hikaru Nishimura e Shota Ikegami dell’Università di Shinshu ritengono che la demenza senile e la condizione di costrizione a letto possano essere evitate quando il deterioramento cognitivo moderato venga identificato in una fase di possibile reversibilità. Ecco perché l’attività fisica, a qualsiasi età, risulta fondamentale per il nostro benessere ed una sua costante applicazione può evitare o – nei casi peggiori – ridurre o arrestare l’avanzare della demenza.
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