C’è una sottile linea rossa fra le applicazione che ci aiutano a monitorare cose (case) e persone e quelle che si spingono oltre la privacy. Finché tutto rimane in quella zona di confine che non invade la sfera altrui, va tutto bene.
Perfino Google Maps si può trasformare in uno strumento per spiare l’altro: su Android, infatti, c’è una funzione che permette di condividere i luoghi in cui visitati. Così, se una persona accede allo smartphone dell’altro, può impostare questa condivisione con il suo account: seguirà gli spostamenti senza esser visto.
Amazon Echo può essere utilizzato per una sorta di spionaggio casereccio, tramite la funzione “Drop-in”, che trasforma d’incanto il dispositivo in un microfono, con tutto ciò che ne consegue. E che dire dell’AirTag di Apple, che spesso è finito borderline, ai confini della privacy.
Attenzione all’installazione di app sui cellulari altrui
“Esistono molte app per monitorare i figli minorenni, o genitori con Alzheimer, ma anche strumenti GPS per le aziende”. Lo dice a chiare lettere Alessio Aceti, Ceo di Sababa Security. “Tali dispositivi hanno una sim card integrata – sottolinea in un’intervista sulle colonne de la Repubblica – spesso dei servizi ad abbonamento mensile che includono la connettività e il software“.
Esistono anche applicazioni ad hoc, come “mSpy”. Che, una volta installate sullo smartphone, possono registrare le conversazioni, perfino in modalità live, senza dimenticare che sono in grado di leggere sms, chat (per esempio di WhatsApp) o qualsiasi cosa dentro il cellulare dell’altrui persona. Attenzione però.
“Queste app spesso smettono di funzionare con gli aggiornamenti IOS e Android, perché ne sfruttano vulnerabilità che via via vengono sanate“. Alessio Aceti metti in guardia tutti: “I produttori si tutelano da guai legali specificando, nei loro termini e condizioni, che il software è destinato solo a un utilizzo legalmente consentito – continua – costituisce una violazione delle leggi l’installazione su un dispositivo di cui non sei il proprietario. La legge richiede che tu faccia sapere agli utilizzatori del dispositivo l’utilizzo che ne stai facendo“.
Meglio non esagerare con lo spionaggio fai-da-te. Il gioco potrebbe sfociare in un illecito. Si evince chiaramente dall’avvocato Guido Scorza, membro del Collegio del Garante della privacy e docente di diritto delle nuove tecnologie all’Università della Sapienza. “Ciò che è tecnologicamente possibile – dice l’avvocato, sempre in un’intervista su La Repubblica – è anche eticamente legittimo“. Meditate gente, meditate.