Sta attirando l’attenzione degli addetti ai lavori, in particolare di ingegneri e scienziati “spaziali”, il meteorite che si è abbattuto sulla Terra, portando con se dei diamanti considerati di origine aliena, extraterrestre.
Si tratta, come riferisce l’agenzia di stampa Ansa, di diamanti super duri, ancora più “forti” rispetto a quelli che conosciamo comunemente, e che confermano quindi l’esistenza in natura di questo raro tipo di minerali chiamati diamanti esagonali. La loro denominazione deriva dal fatto che la disposizione degli atomi di carbonio al suo interno è a forma di esagono, e ciò permette allo stesso materiale di essere durissimo, ancora di più rispetto ai diamanti conosciuti sulla Terra. Secondo alcune teorie e alcuni studi, questi super diamanti potrebbero essersi formati moltissimo tempo fa, precisamente 4.5 miliardi di anni or sono, a seguito di una collisione fra un asteroide e un antico pianeta nano del nostro sistema solare. A sostenere queste tesi è in particolare uno studio a firma della Monash University, ateneo che si trova in Australia, e che è stato recentemente pubblicato sulla rivista dell’accademia americana delle scienze (Pnas), e secondo cui tale scoperta sarebbe molto importante in quanto permetterebbe di aiutare a sviluppare nuove tecniche per la produzione di materiali ultra duri.
Al capo del team di ricerca che ha realizzato questo interessante studio vi è Andrew Tomkins, e il loro lavoro ha permesso di fare luce, come ricorda l’Ansa, “su un mistero di vecchia data che riguarda la formazione di una particolare tipologia di meteoriti, chiamati ureiliti”. Si tratta di un meteorite roccioso che presenta una percentuale molto alta di carbonio sotto forma di grafite o nanodiamanti. Gli autori di questo studio hanno utilizzato delle tecniche avanzate di microscopia elettronica, ottenendo delle immagini super dettagliate delle sezioni del meteorite, e confermando che al suo interno si trovano dei ‘diamanti esagonali’, detti anche lonsdaleite. Un materiale che, stando agli studiosi, potrebbe essersi formato partendo da un fluido ad alta temperatura e pressione moderata, due condizioni che avrebbero permesso di preservare in maniera pressochè intatta la forma e la struttura esagonale della grafite già preesistente. “La natura – aggiunge Tomkins – ci ha quindi fornito un processo che possiamo provare a replicare in campo industriale. Pensiamo che la lonsdaleite potrebbe essere utilizzata per realizzare componenti minuscole ed ultra-dure – aggiunge il ricercatore – che potrebbero sostituire quelle realizzate in grafite”.
? FONTE: Ansa.it
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