Più che un desiderio, una necessità. I cambiamenti climatici stanno distruggendo il nostro Pianeta: siamo in questa situazione ormai, una grande amarezza, la dura realtà. Così, mentre i colossi High Tech le stanno provando tutte virando in maniera massiccia verso il green, gli scienziati di tutto il mondo stanno cercando il modo di contrastare l’esubero (enorme) di anidride carbonica.
La CO2 è un componente naturale e quindi deve continuare ad esistere ma come tutte le cose: il troppo stroppia. E quell’atomo di carbonio legato da due doppi legami a due atomi di ossigeno deve essere drasticamente ridotta. Ma come, fattivamente?
Sono anni che si sta cercando di ricorrere alle tecnologie ad emissione negative per tentare di risolvere il problema: se debellarlo appare impossibile, smussare quel fastidiosissimo angolo, un obbligo per l’intera umanità.
Le procedure per le rimozione del biossido di carbonio possono essere suddivise in tre gruppi: biologiche, tecnologiche e geochimiche. Le prime possono essere racchiuse nella riforestazione, in una diversa diversa gestione del suolo finalizzata a legare in modo duraturo il carbonio derivante dal CO₂ atmosferico nel suolo, l’ormai famoso carbone bio o il ripristino di barriere coralline e posidonia nelle aree oceaniche poco profonde, con il fine di immagazzinare il CO2 in esubero.
Le seconde sono il focus principali degli scienziati, sempre più intenti a rimuovere rimozione direttamente di CO₂ dai gas di scarico dei processi industriali e deposito in altro luogo, con l’utilizzo principalmente di bioenergia in combinazione con rimozione e deposito di CO₂.
La terza procedura delle emissioni negative va ricercata principalmente nell’aumento della produttività degli oceani Procedure tecnologiche e geochimiche per la rimozione del CO₂ sono attualmente in fase di test e vengono implementate nei primi progetti. In questo caso, esattamente come nei progetti di rimozione biologici, è necessario valutare gli eventuali effetti collaterali negativi per la sostenibilità sociale ed ecologica.
Secondo myclimate c’è un elevato potenziale e un ottimo rapporto qualità-prezzo nelle procedure biologiche, un tema insomma da svolgere correttamente. Gli approcci naturali per rimuovere la CO2 dall’aria, ci sono. Ma da soli non bastano. Serve l’intelligenza umana, volta però a costruire e non distruggere. In tal senso si regista il filtro statunitense, ideato dal un team di ricercatori della North Carolina State University, che combina un tessuto in cotone a un enzima, l’anidrasi carbonica, capace di scindere l’anidride carbonica dall’aria e dalle miscele di gas. Un punto di partenza, non certo di arrivo. Ne va della sopravvivenza dell’intero Pianeta.
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