Materiale organico – ovvero alghe – per produrre biopannelli fotovoltaici in grado di produrre energia, biomassa e di rimuovere CO2: è l’idea di Greenfluidics, una startup messicana attualmente impegnata nello sviluppo di una tecnologia che ambisce a generare energia pulita a bassissimo impatto ambientale, senz’altro promettente ma non priva di criticità significative. Scopriamoli insieme.
Se le alghe possono creare fertillizante e carburante attraverso il processo di assorbimento di anidride carbonica e di conseguente emissione di biomassa, perché non utilizzare le loro proprietà per creare pannelli fotovoltaici in grado di generare energia pulita? E, al contempo, per produrre appunto biomassa e rimuovere CO2?
Sono i quesiti a cui una startup messicana, la Greenfluidics, sta cercando di trovar risposta, sviluppando e testando biopannelli basati su questa tecnologia per capirne vantaggi e svantaggi, possibilità ed impossibilità di applicazione, con l’intento di giungere alla produzione di energia pulita a bassissimo impatto ambientale.
L’ipotesi della startup, che ha creato i biopannelli a doppio strato di vetro entro cui le alghe vengono immerse in una soluzione acquosa arricchita di nanoparticelle di carbonio riciclabili – è che le alghe possano trattenere calore durante il processo di consumo di CO2 e di produzione di biomassa.
Questo calore, quindi, potrebbe essere utilizzato all’interno di edifici per funzioni come il riscaldamento dell’acqua e per mantenere temperature ottimali all’interno degli ambienti chiusi durante l’Estate.
Le potenzialità delle alghe e le criticità ancora da risolvere
Il potenziale del progetto, che segue una rotta già tracciata da altre startup e società negli anni passati verso il tentativo di avvantaggiarsi delle capacità e proprietà delle alghe per la produzione di energia pulita, deve tuttavia fare i conti con criticità ancora irrisolte.
I dubbi riguardo al ciclo di vita dei biopannelli, e dunque della loro durabilità nel tempo, nonché riguardo al tipo ed ai costi di manutenzione necessaria, ed ancora riguardo alla resa effettiva in confronto ai tradizionali pannelli fotovoltaici (in modo da comprendere il reale plusvalore dei biopannelli – se verrà dimostrato – in termini di produzione industriale), sono ancora intricati nodi da sciogliere.
Un precedente significativo emerse alcuni anni fa con il prototipo BIQ, realizzato con gli stessi principi ed agli stessi scopi dei biopannelli della Greenfluidics, che purtroppo venne abbandonato a causa dei costi di ricerca e sviluppo troppo elevati. In questo caso, è auspicabile che l’intero processo di indagine possa giungere a conclusione ed indicare con chiarezza se si tratti di sogno oppure di realtà applicabile e praticabile per contribuire al miglioramento della salute del nostro ecosistema.
FONTE: www.hdblog.it