Le protesi potrebbero diventare, molto presto, degli strumenti manovrabili tramite la mente. No, non si tratta di un film fantascientifico o di qualunque altra cosa che abbia come base la fantasia, bensì si tratta di scienza. Un gruppo di ricercatori, a tal proposito, è riuscito a compiere l’impossibile: vediamo che cosa hanno fatto.
Sembra scontato da dire, ma per chiunque abbia un trauma così forte da rimanere paralizzata, compiere una attività qualunque – per noi banale – può risultare essere tanto difficile m, se non impossibile in dei momenti precisi. Ma non temete: sembra che la scienza sia riuscita ad arrivare ad un punto così elevato della conoscenza da permetterci di compiere l’impossibile.
Non per niente i ricercatori della Johns Hopkins University del Maryland, hanno progettato e sperimentato un’interfaccia cervello-macchina che consente ad un uomo con una disabilità di mangiare senza dipendere da nessuno. È una soluzione più che concreta e che ha già dato risultati incoraggianti: è stata messa alla prova con un paziente di 49 anni che da circa trenta non riesce più a muoversi per via di un incidente.
Il progetto e gli esiti al riguardo
Per cominciare, qualora ci interessasse più del solito questo argomento, approfondire l’esperimento cercando il video su YouTube, grazie al quale possiamo vedere come i ricercatori della Johns Hopkins abbiano impiantato negli emisferi del suo cervello un set di sensori capaci di rilevare gli input cerebrali. Così facendo possono intervenire sul movimento in gran parte automatizzato delle braccia robotiche per tagliare del cibo e portarlo alla bocca, proprio come farebbe un normale essere umano. Sulla faccenda, i ricercatori, hanno messo a disposizione un’ottima dichiarazione che potrebbe risultare decisiva per questo esperimento. Più che altro potremmo dire che sia una spiegazione elaborata, quindi leggetela con attenzione:
“L’obiettivo generale era di consentire al robot di svolgere la maggior parte del compito, ma pure di consentire all’uomo di intervenire su alcuni movimenti per plasmarle in base al proprio volere. Nel caso dell’autoalimentazione, ad esempio, dato un piatto con diversi cibi, vogliamo che chi si avvale del sistema possa scegliere quale cibo mangiare e se necessario anche come tagliarlo. Il robot deve essere in grado di capire quando l’utilizzatore è soddisfatto del risultato ottenuto intervenendo sui movimenti così da riprendere il controllo e passare alla fase successiva. Consumarlo era facoltativo ma l’uomo ha scelto di farlo dal momento che era delizioso. Questa dimostrazione del controllo di un sistema robotico bimanuale attraverso un’interfaccia cervello-macchina ha implicazioni importanti per il ripristino di movimenti complessi per coloro che convivono con deficit sensomotori“.
? Fonte: www.hdblog.it