Tutto figlio di uno studio della Shinshu University, con a capo Kenjiro Yazawa, a cui è venuto un’idea, seguita da un’applicazione scientifica che potrebbe aprire nuovi orizzonti per l’utilizzo della seta utilizzata dai ragni, in medicina.
Il report della università giapponese è stato pubblicato da Langmuir, rivela interessanti novità grazie alla concentrazione di uno studio derivante dalle proprietà meccaniche della seta di ragno. Che comparandola per esempio con quella, pregiata, del baco da seta utilizzata nei tempi antichi per i materiali a base proteica, risulta addirittura di migliore qualità.
I materiali a base di seta hanno attirato spesso l’attenzione per l’uso come forniture mediche, grazie principalmente alla loro robustezza meccanica e, altra caratteristica da non sottovalutare, alla bassa citotossicità.
La seta di quel baco da seta conosciuto in ambito scientifico come “bombice del gelso”, è un insetto incredibile creato da madre natura e catalogato per la prima volta da Linneo nel 1758 con il nome Bombyx mori, è stata applicata come suture chirurgiche per decenni.
Al contrario, l’utilizzo della seta di ragno è sempre stata limitata, vuoi per la sua scarsa reperibilità vuoi per essere stata fin troppo spessa sottovaluta. Non certo dalla Shinshu University e dal dottor Kenjiro Yazawa.
Sebbene la biomimetica della seta di ragno sia stata sviluppata utilizzando sistemi di espressione proteica ricombinante con l’uso dell’ingegneria genetica, sottolinea il report pubblicato sempre da Langmuir, il prodotto spesso si traduce in un peso molecolare inferiore e nella mancanza delle regioni N o C-terminali.
La sequenza incompleta della proteina simile alla seta di ragno impedisce la valutazione oggettiva della seta di ragno nativa come applicazione medica e ritarda lo sviluppo di materiali ispirati alla seta di ragno.
“Noi della Shinshu University – si legge – abbiamo raccolto la seta di ragno nativa direttamente da ragni vivi e studiato il comportamento di adesione cellulare basato su tre tipi di topografia superficiale di substrati a base di seta di ragno, vale a dire fibre, film e tessuti non tessuti. Il comportamento di adesione cellulare è stato ampiamente influenzato dalla micro/nanostruttura superficiale piuttosto che dalla bagnabilità della superficie”.
Ecco quindi che lo studio attira l’attenzione nel presente ma per un futuro migliore. Potrebbe anche contribuire a promuovere l’utilizzo della seta di ragno in campo medico come candidato principale per promettenti fibre bio-based, perfino in un contesto di obiettivi di sviluppo sostenibile.
Un ruolo importante, in questo gruppo di ricerca giapponese lo ha avuto anche il dottor Jun Negishi, un esperto di biomateriali: fondamentale, infatti la raccolta della seta di ragni vivi. Una grande intuizione.
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