Potrebbe essere per effetto della guerra contro l’Ucraina, o magari semplicemente la voglia di avvalersi di energia pulita e rinnovabile. Sta di fatto che l’Europa è al lavoro sulla bozza di un piano da quasi 200 miliardi di euro per mettere un freno, anzi per finire definitivamente, l’importazione di combustibili fossi dalla Russia entro 5 anni, il 2027.
A dare la notizia è stata l’agenzia di stampa Reuters, secondo cui una prima bozza del provvedimento sarà pubblicata presumibilmente anche la prossima settimana. Si tratterebbe di una serie di leggi dell’Unione Europea che andrebbero a unirsi a raccomandazioni non vincolanti per gli Stati membro da seguire per facilitare la fine di queste importazioni.
Si sta già lavorando al taglio del 55% delle emissioni di gas serra, che dovrebbe completarsi entro il 2030, ma i 195 miliardi di euro previsti per il nuovo piano sono in aggiunta a quelli già stanziati. Questo per quanto riguarda i fondi provenienti dall’Europa, mentre gli Stati membro avranno la possibilità di scegliere come effettuare i loro piani di spesa ridistribuendo una parte del fondo per l’emergenza COVID-19 per liberare delle somme per questa transizione.
Si punta al 45% di utilizzo di energie rinnovabili
La bozza del provvedimento da 195 milioni porterebbe dal 40% al 45% la quota di energie rinnovabili da qui al 2030, mentre farebbe salire dal 9% al 13% la riduzione del consumo energetico. Si prevede anche di snellire l’iter legislativo per le autorizzazioni relative ad alcuni progetti nel campo dell’energia rinnovabile, e ci saranno anche nuovi programmi per diffondere su larga scala informazioni e procedure di energia solare.
Lasciare da parte l’uso di gas russo a favore di fonti alternative significa che aumenteranno le importazioni di gas liqueso da parte di Paesi come Egitto, Israele e Nigeria, anche se sarà necessario costruire una infrastruttura europea che sostituisca i gasdotti russi. Per quanto riguarda questa evenienza, è stato assicurato che non ci dovrebbero essere conseguenze in termini di emissioni di gas serra.
Probabilmente su questa decisione pesa anche il fatto che la guerra in Ucraina pesa e non poco sulla ripresa economica generale, tanto che la Commissione ha rivisto al ribasso le sue previsioni di crescita. Un impatto dovuto sicuramente al grande aumento dei prezzi delle materie prime, a cui purtroppo stanno contribuendo le sanzioni che l’Europa stessa ha messo contro Mosca.
Insomma un cane che si morde la coda, ma che si spera possa trovare una direzione ben definita al più presto.