Torna al centro delle cronache Fitbit, e purtroppo non per la presentazione di un nuovo prodotto. In occasione dello scorso mese di marzo, l’azienda aveva richiamato quasi due milioni di Ionic, il suo smartwatch, per via delle ustioni che lo stesso orologio intelligente avrebbe provocato o rischiava di provocare al polso di alcuni utenti.
Si trattava di un problema relativo alla batteria che sarebbe incline a surriscaldarsi, arrivando a causare quindi delle bruciature a chi lo indossa. “Abbiamo annunciato un richiamo volontario degli smartwatch Fitbit Ionic – il comunicato ufficiale diffuso da Fitbit in concomitanza con l’insorgere del problema – che la società ha lanciato sul mercato nel 2017 e di cui ha interrotto la produzione nel 2020. La batteria dello smartwatch Ionic può surriscaldarsi con un conseguente rischio di ustione. La salute e la sicurezza degli utenti Fitbit sono la nostra principale priorità. Stiamo prendendo queste misure cautelative per proteggere i nostri utenti. Offriremo un rimborso ai clienti di Fitbit Ionic. Il richiamo riguarda solo dispositivi Fitbit Ionic. Non riguarda altri smartwatch o tracker Fitbit. Se possiedi un dispositivo Fitbit Ionic, ti preghiamo di non utilizzarlo”.
FITBIT NEI GUAI DOPO I PROBLEMI ALLO IONIC: PRONTA LA CLASS ACTION OLTRE OCEANO
Una situazione incresciosa che negli Usa si è scaturita in un procedimento legale che potrebbe dare vita ad una class action. Due clienti, come scrive Hdblog.it, si sono infatti rivolti ad un giudice lamentandosi in quanto il richiamo di Google, proprietaria di Fitbit, sarebbe a loro modo di vedere insufficiente.
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Secondo gli stessi, i prodotti difettosi e potenzialmente pericolosi sarebbero più di uno, e vengono documentati casi di ustioni anche nel Fitbit Sense, Versa 3, Blaze, Inspire e Inspire 2, buona parte della famiglia Fitbit quindi. Nel documento, attualmente al vaglio del tribunale, si accusa l’azienda di aver commercializzato dei prodotti che rendono concreto il rischio di incendio.
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“Per i ricorrenti – scrive Hdblog.it – Google avrebbe cercato di scaricare parte delle colpe ai clienti accusandoli di scarsa igiene quando invece il problema riguarderebbe i Fitbit in genere, per cui il richiamo di marzo sarebbe inadeguato tanto sul piano dei dispositivi coinvolti – il solo Ionic non è sufficiente – quanto su quello dei risarcimenti”. I consumatori, si legge nel documento, “acquistano i prodotti [Fitbit] per bruciare calorie, non la propria pelle”. Google ha promesso dei rimborsi integrali a marzo, ma sembrerebbe che il denaro non sia ancora giunto nelle tasche dei clienti.