Dopo diverse segnalazioni, il Dipartimento per l’occupazione e l’alloggio equo dello Stato della West Coast ha deciso di citare in giudizio la famosa casa automobilistica di Elon Musk. Ma pensate davvero che se ne sia stata in silenzio? Ha già rigettato le accuse e rispedite al mittente. Vediamo la vicenda.
Tesla è sempre stata una rappresentante all’avanguardia mondiale per quanto riguarda il campo dell’innovazione. Eppure, è accusata di non essere altrettanto all’avanguardia per quanto riguarda l’inclusione che garantisce ai dipendenti neri nella sua fabbrica di Fremont, nell’area della baia di San Francisco. O perlomeno, questo è quello che si dice nel Dipartimento per l’occupazione e l’alloggio equo della California, che dopo aver ricevuto «centinaia di denunce» sulla loro parola, ha deciso di citare in giudizio la compagnia guidata e fondata da Elon Musk, presso la Corte superiore della contea di Alameda, per razzismo verso le persone di colore nell’azienda.
«Condizioni intollerabili» secondo il dipartimento
«Abbiamo avuto prova che la fabbrica Tesla di Fremont è un luogo di lavoro segregato dal punto di vista razziale dove i lavoratori neri sono soggetti a insulti e discriminati negli incarichi di lavoro, nella disciplina, nella retribuzione e nelle promozioni», ha dichiarato il direttore del Dipartimento, Kevin Kish in una nota pubblicata dal Wall Street Journal. Se andiamo nello denuncia, riferisce di dipendenti che si sono sentiti insultati con epiteti razzisti persone di gradi superiori «dalle 50 alle 100 volte al giorno», di scritte discriminatorie scritte sui muri dei bagni, sui tavoli della mensa aziendale, sugli armadietti, e in un reparto comunemente definito in azienda come «la piantagione» chiamato così proprio perché al suo interno si conta un elevato numero di addetti afroamericani. E questo, se fosse vero, è razzismo. Tutti elementi che, se messi l’uno vicino all’altro risultano «inutilità di lamentarsi, hanno reso le condizioni di lavoro così intollerabili» da spingere perfino alcuni degli individui presi di mira a dare le dimissioni, intimoriti anche dal «rischio di un alterco fisico» con i propri molestatori.
La risposta dell’azienda
Tesla, dal canto suo, ha reagito bene alla denuncia definendo queste accuse “fuorvianti” e mettendo in evidenza che altre indagini simili, portate avanti in questi anni ,non abbiano «mai sollevato alcuna preoccupazione» in merito a questa tematica. «Tesla si oppone fermamente a tutte le forme di discriminazione e molestie e ha un team dedicato alle relazioni con i dipendenti che risponde e indaga su tutti i reclami – si legge in un blog post pubblicato mercoledì –. Tesla ha sempre punito e licenziato i dipendenti responsabili di cattiva condotta, compresi quelli che utilizzano insulti razziali o molestano le persone in altro modo». E oltre questo, c’è stata anche una frecciatina allo Stato della West Coast, con cui Musk è perennemente in contrasto: «In un momento in cui le aziende manifatturiere stanno lasciando la California – prosegue il comunicato –, il Dipartimento per l’occupazione e l’alloggio equo ha deciso di fare causa a Tesla anziché lavorare con noi in maniera costruttiva». E ancora: «Attaccare un’azienda che ha fatto così tanto bene alla California non dovrebbe essere l’obiettivo principale di un’agenzia statale con autorità giudiziaria».