Una nuova ricerca ha esaminato gli effetti riversati sulla salute umana a livello mondiale dell’inquinamento da particolato fine, noto anche come PM2.5. E i dati non sono certo buoni.
La combustione dei combustibili fossili è entrata nello studio che, raccogliendone alcuni dati, ha fatto uscire un verdetto molto brutto: rappresenta una minaccia per la vita di almeno un milione di persone ogni anno. Secondo lo studio, in un anno per i combustibili fossili muoiono più di un milione di morti . La morte verrebbe provocata dalla combustione di carbone, gas naturale e petrolio, responsabili dell’inquinamento da particolato fine, noto anche come PM2,5 ergo non solo per noi ma anche er l’ambiente, sono molto dannosi.
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Il carbone è il principale responsabili delle morti per inquinamento da combustibili fossili nel mondo
Più nello specifico, almeno la metà delle morti venute fuori durante lo studio è da attribuire al solo carbone, per la fuliggine che rilascia nell’aria e invade i polmoni. Il gas naturale e il petrolio sono responsabili dell’altra metà delle morti ovviamente , e di questi almeno l’80% dei deceduti si trova nell’Asia meridionale o nell’Asia orientale. L’inquinamento da particolato fine è mortale perchè è ingrato di produrre sostanze facilmente respirabili e trasportabili nel flusso sanguigno e nel polmoni, motivo per cui si incappa in varie patologie come malattie cardiache, diabete, BPCO, cancro ai polmoni e ictus. Senza parlare di problematiche respiratorie all’ordine del giorno. I ricercatori hanno trovato collegamenti meno evidenti tra il PM2,5 e altre malattie come l’insufficienza renale e il Parkinson, un tempo capeggiare nell’elenco delle patologie che vi abbiamo illustrato. Le persone che hanno avuto un’esposizione a lungo termine al PM2,5 in questo particolare momento che stiamo vivendo, sono più soggette al ricovero ospedaliero in caso di contagio d Covid-19.
“Il nostro obiettivo principale era identificare le principali fonti di inquinamento da PM2,5 e capire come la distribuzione dell’inquinamento differisca tra le varie parti del mondo”, ha dichiarato Erin McDuffie, ricercatrice della Washington University. “Per la prima volta in alcuni paesi abbiamo informazioni di questo tipo”.
I ricercatori per sviluppare questo studio hanno raccolto dati mensili sull’inquinamento nel periodo intercorso tra il 1970 e il 2017, quindi non si parla di una ricerca con un minimo di dati, e li hanno analizzati attraverso modelli di qualità dell’aria e dati satellitari in base alla zona. Il risultato, lo potete vedere qui sopra, è stata una mappa globale della distribuzione globale del PM2,5 con una risoluzione di circa 1 km2.
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In Asia meridionale e orientale come vi dicevamo, circa la metà delle morti è dovuta alla combustione di carbone, proprio perché in questi territori non vi è una legge sulla limitazione dell’uso del carbone.