Quanto valgono davvero i dati digitali gestiti da Google e Facebook
L’allarme arriva da Anna Tosi, imprenditrice che, per cercare nuove ragazze alla pari, ha deciso di pubblicizzare la ricerca tramite Facebook. Il risultato è che sono arrivate migliaia di richieste da tutto il mondo, non pertinenti. Anna, come tanti altri ha sponsorizzato il suo post sfruttando l’incommensurabile database di Facebook per trovare i profili giusti tramite una pubblicità mirata che però non ha funzionato. A prescindere da questo disguido, lei come altri miliardi di esseri umani hanno a che fare quotidianamente con Alphabet Google e con Meta-Facebook, due giganti che valgono ben 2700 miliardi di dollari, e che ogni anno raccolgono più della metà dei budget delle inserzioni sul web.
Proprio dalla raccolta pubblicitaria arrivano i ricavi maggiori, il 56% per Google e l’80% per Facebook, il che fa comprendere come ma il valore azionario sia a livelli stellari. Dalle inserzioni digitali derivano quattro quinti dei ricavi di Google e praticamente tutti quelli di Facebook, per un totale aggregato di 230 miliardi di dollari nel 2020.
Perché siamo in questo duopolio? Perché non esistono altre società che posseggono dati così ampi sulla popolazione mondiale e quindi sui consumatori. Ma questa enorme quantità di informazioni vale realmente così tanto? Alcuni ipotizzano che siamo di fronte ad una bolla, come accaduto 15 anni fa con i subprime. Se la profilazione delle persone è davvero così efficace da generare un aumento delle vendite, è chiaro che allora la risposta è positiva, ma in caso contrario, questa ipervalutazione delle due società è destinata prima o poi a esplodere.
Pubblicità mirata sul web: ma è veramente conveniente?
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Secondo uno studio condotto da Alessandro Acquisti, dell’università di Pittsburgh, il vantaggio sulle vendite con questo tipo di pubblicità profilata si attesta tra il 4 e il 7%, ma dato l’alto costo di queste inserzioni rispetto a quelle tradizionali si rischia un gioco a somma zero.
Lorenzo Sassoli de Bianchi che è presidente dell’Upa, l’associazione italiana degli investitori in pubblicità, conferma che in media il costo per singolo contatto del «targeted advertising» è superiore. Il potere di mercato dei due oligopolisti californiani consente loro di imporre comunque i prezzi ai pubblicitari, nota Sassoli. Ma Google e Facebook restano esenti dagli obblighi di verifica da parte di Audiweb, Auditel o Audipress ai quali è soggetta tutta l’industria editoriale nazionale.
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Cosa accadrà in futuro? In Europa si sta discutendo se mettere un freno alle pubblicità mirate, ma di fatto questo bloccherebbe qualsiasi attività digitale, che si sostenta unicamente attraverso gli adverts profilati sulla persona: vietare o limitare severamente la pubblicità mirata potrebbe costare fino a 106 miliardi di euro all’anno, in Europa.