La Nasa si prepara a rivelare al mondo l’esistenza degli alieni: “Bisogna capire come comunicare al meglio l’esistenza di vita extraterrestre”.
Fin dal termine della Seconda Guerra mondiale, ma anche prima se pensate allo scherzo radiofonico che Orson Wells fece leggendo il romanzo la “Guerra dei mondi”, provocando il panico negli Stati Uniti, si parla di UFO, o ancora meglio di alieni, che provengono da altri sistemi stellari. La famosa Area 51 ha soffiato sul fuoco del complottismo, sul “non ce lo vogliono dire”. Va da se che questa base americana era segreta perché venivano sperimentati veicoli segretissimi, ma questo agli esperti di extraterrestri interessa poco: sono arrivati tra noi da tanto tempo, i governi lo sanno e non dicono nulla alla popolazione.
La questione appassiona milioni di persone da sempre e anche in Italia la moda è stata lanciata anni fa, dai libri degli anni ’70 scritti da Peter Kolosimo, come “Non è terrestre” o “Astronavi sulla preistoria”, volumi che raccolgono prove storiche sull’arrivo di abitandi di altri pianeti sulla terra, anche migliaia di anni fa.
Oggi però è la Nasa a tornare sull’argomento, anche se con un approccio scientifico. Oltretutto ad ospitare la riflessione del fisico statunitense James Green, capo scienziato della Nasa, è stata una delle più importanti riviste scientifiche internazionali, ovvero Nature. Nell’abstract Green la mette giù un po’ alla Spiderman, ma la sostanza è chiara: “La nostra generazione potrebbe realisticamente essere quella che scoprirà prove di vita oltre la Terra e da questo potenziale privilegio derivano delle responsabilità”.
La Nasa pensa a come comunicare la presenza degli alieni senza provocare il panico
LEGGI ANCHE: Nuovo rasoio elettrico Braun: farvi la barba sarà ancora più facile
Insomma, per il capo scienziato della Nasa bisogna “stabilire le migliori pratiche per comunicare il rilevamento della vita può servire a stabilire aspettative ragionevoli sulle prime fasi di un’impresa estremamente impegnativa”. Green specifica infatti che si deve “attribuire valore ai passi incrementali lungo il percorso (di scoperta ndr), e costruire la fiducia del pubblico chiarendo che le false partenze e i vicoli ciechi sono una parte prevista e potenzialmente produttiva del processo scientifico”.
LEGGI ANCHE: Motorola si allea con Bullitt e crea DEFY: a €399 puoi acquistare uno smartphone indistruttibile e completo
Infine le conclusioni del fisico americano si orientano verso un tentativo di dare consistenza fiduciaria a chi studia da tempo fenomeni di apparizioni inspiegabili (ma non per questo aliene ndr) nei cieli statunitensi registrati soprattutto da membri dell’esercito, della marina e dell’aviazione a stelle e strisce. Green infatti parla della creazione di un “proof-of-concept”, ovvero di uno studio di fattibilità che “implichi non una prescrizione, ma semplicemente l’inizio di un dialogo importante”.