Per cercare meglio di capire la crisi dei chip, che ormai da un anno sta attanagliando l’industria mondiale, si può fare il paragone… con la pasta asciutta.
Sia chiaro, semiconduttori e il cibo gustoso tanto amato in Italia e all’estero non hanno nulla a che fare, ma la pasta è di fatto un bene di prima necessità, come lo sono divenuti negli ultimi anni i chip, “prodotti” che si trovano ormai su qualsiasi oggetto, non solo telefoni e computer ma anche auto, robot da cucina, asciugacapelli, aspirapolveri e via discorrendo. Ma torniamo alla domanda iniziale: cosa c’entra la pasta con i chip? A sostenere questa teoria ci ha pensato il portale Dday, che prendendo ad esempio il ban di Huawei dal mercato statunitense, ha spiegato: “Domani il Governo Italiano si accorge che molti produttori stranieri stanno producendo fusilli e spaghetti troppo simili a quelli italiani – ipotizza il sito – e decide che a partire dal 1 gennaio del 2022 nessuno straniero sul suolo italiano potrà comprare la pasta nei supermercati. La pasta, in Italia, potranno comprarla solo gli italiani”.
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E ancora: “In Italia abitano milioni di stranieri che amano la pasta, e non vogliono certo rinunciare al piatto: la pasta costa poco e dura tanto, non scade dopo un mese. Gli stranieri iniziano così a girare tutti i supermercato acquistando tutta la pasta che riescono a trovare, a seconda delle loro disponibilità economiche. Chi ha una catena di ristoranti riempie i magazzini e svuota i fornitori: la legge potrebbe anche cambiare, ma meglio prevenire e mettersi in casa tutta la pasta che serve entro la fine di dicembre”. Le scorte di pasta andrebbero esaurite nel giro di breve tempo, e chi dovesse riuscire a trovare qualche pacco nei supermercati sarebbe costretto a pagarlo a caro prezzo. Si innesterebbe così una reazione a catena con una maggiore richiesta di pasta, l’impossibilità di soddisfare tutta la domanda mondiale, e i prezzi che continuerebbero a schizzare alle stelle. Lo stesso è di fatto accaduto al mercato dei processori, con Huawei e le aziende cinesi che hanno deciso di fare ingenti scorte di chip subito dopo il ban di Trump, azzerando di fatto la disponibilità del mercato.
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Nel contempo, però, la domanda di chip è continuata ad aumentare per il motivo di cui sopra, e ciò ha portato ad una crisi del settore. Ma fino a quando durerà questa situazione? Secondo Jean-Marc Chery, numero uno del maggior gruppo di elettronica, la STMicroelectronics, non si tornerà alla normalità se non fino al 2023: «La situazione è estremamente complessa – ha spiegato recentemente intervistato dai microfoni de La Stampa – credo si possa dire che anche nel 2022 la capacità produttiva non sarà all’altezza della domanda. Prendiamo il settore automotive. Anche al di là dell’elettrificazione, il segmento chiederà più elettronica. In più anche noi stiamo vedendo penuria dei materiali più vari. E poi c’è la questione logistica, che ha molti problemi. La normalità non tornerà prima del 2023 – ha aggiunto – la sfida è complicata. Bisognerà monitorare le dinamiche del mercato ogni mese. Alcuni clienti, per esempio, stanno già facendo ordini per il 2023. Ma è troppo presto per dire con precisione quando finirà».
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