E’ caccia ai “super inquinatori” della rete. Il 69% dei contenuti pubblicati su Facebook che negano il cambiamento climatico, provengono da 10 utenti in particolare.
Proprio nelle settimane della conferenza di Glasgow, si è ritornati a parlare del cambiamento climatico. L’attenzione però si concentra sulle teorie negazioniste e sulle fake news che circolano in merito a questo tema. Grazie allo studio condotto dal Center for Counter Digital Hate (Ccdh) che, dopo aver contrastato la disinformazione dovuta all’ondata dei no-vax, ha dato voce ad un’altra problematica importante: il cambiamento climatico.
Questo studio della nota organizzazione no-profit, ha evidenziato circa 10 profili Facebook in particolare, che diffondono false notizie sul clima. Infatti il 69% delle fake news proverrebbe proprio da questi profili. Grazie all’utilizzo di uno strumento in particolare che si chiama NewsWhip, in grado di tracciare il coinvolgimento sui social media, è stato possibile risalire a circa 6.983 articoli che negavano la crisi climatica condivisi su Facebook nel corso dell’ultimo anno.
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I dieci editor incriminati
Uno dei primi editor è Breitbart News, sito americano di notizie, un tempo gestito dal consigliere di Trump, Steve Bannon. A seguire, il sito di notizie conservatore Newsmax, ricordato per la diffusione di teorie cospirazioniste in merito alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti del 2020. Partecipe della disinformazione anche The Federalist Papers che incentivava la produzione di fake news sul Covid. Si aggiungono alla lista Western Journal, Townhall Media, Media Research Center, Washington Times, Daily Wire, Russian State Media e, infine, Patriot Post. Si tratterebbe di utenti che hanno contribuito alla diffusione di oltre 100 pubblicità con dichiarazioni non fondate e prive di qualsiasi fondamento scientifico e contro la sensibilizzazione sul tema climatico.
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Le accuse mosse contro Facebook
A finire nella black list, non sono solo gli utenti di cui abbiamo parlato prima. Dalla fitta lista, l’organizzazione no-profit, non risparmierebbe Facebook. Il social dovrebbe rifiutare questo tipo di contenuti ed evitare che vengano letti per scatenare una disinformazione di massa. Il social, a sua discolpa, nega l’attendibilità dei risultati della ricerca condotta dal Center for Counter Digital Hate, affermando che la metodologia utilizzata è imperfetta e che la piattaforma presta grande impegno nella lotta contro la disinformazione in materia di cambiamento climatico. Secondo gli autori della ricerca, Facebook avrebbe dovuto intervenire per bloccare la fuga di false notizie, dato che le interazioni a questi post non sono state poche (parliamo circa di 700mila interazioni).