C’era una volta il Bitcoin. Inarrivabile, una specie di araba fenice, di cui tutti parlavano ma che nessuno aveva mai visto. In realtà nessuno lo vede, dal momento che si tratta di una moneta virtuale, ma oggi l’indotto che si è creato intorno a questo fenomeno è così ampio che adesso la criptomoneta si può prelevare da normalissimi bancomat.
Normalissimi almeno per quanto riguarda l’aspetto: sono infatti uguali a quelli dei canonici istituti bancari di tutto il mondo, con la differenza che in questo caso ci infili gli euro ed escono i Bitcoin”.
Ma quanti ne esistono in tutto il mondo e dove sono posizionati? La maggior parte si trova, manco a dirlo, negli States ed in altri territori del Nord America, mentre in Italia ancora si va un pochino a rilento. Solo 70 gli ATM per criptovaluta, di cui appena 3 a Roma.
In Italia, dicevamo, ce ne sono ancora pochi rispetto alla grandezza del mercato delle criptovalute e della blockchain. Nella Capitale ce ne sono 3, di cui uno vicino alla centralissima Stazione Termini.
In generale, i terminali si trovano nelle grandi città, oppure in posti strategici a livello economico, come la località sciistica Livigno, dove si trova un ATM per Bitcoin ma è perché la cittadina sta al confine con la Svizzera.
Ma i numeri eccoli qua. Il 93,5% dei terminali, circa 26.000, sono in Nord America. Il resto si trova quasi del tutto in Europa, il 4,5%, mentre se in Africa e America Latina sono pochissimi, in Cina è addirittura proibito installarne. Un fenomeno tutto occidentale, dunque, almeno per il momento.
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Per quanto riguarda l’Italia, dicevamo, si va a rilento. E c’è un grosso rischio di piccolo riciclaggio di denaro. Lo rilevano anche i dati raccolti dall’Unità di Informazione Finanziaria di Via Nazionale nella relazione annuale del 2021, “ulteriori analisi si sono incentrate sul fenomeno dell’acquisto/vendita di criptovalute mediante dispositivi ATM, installati presso i locali commerciali di società italiane che operano per conto di un VASP estero (soggetto che gestisce crypto-assets, ndr). In tali casi, sui conti societari si rilevano consistenti versamenti di contante, non coerenti con il profilo economico dell’attività svolta (piccoli negozi al dettaglio), a cui seguono trasferimenti verso l’estero in favore del VASP”.
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La relazione continua dicendo che “emerge un quadro di difficile controllo del fenomeno dei ‘crypto-ATM’, in ragione della potenziale capillarità degli esercizi commerciali aderenti e dell’assenza di regolamentazione del servizio“.
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