Stando a quanto scoperto da alcuni ricercatori del Regno Unito, gli smartphone a firma Android, quindi quelli che per funzionare utilizzano il sistema operativo di Google, comunicherebbero di continuo con dei server remoti, trasmettendo dei dati. Big G, commentando la situazione, ha spiegato che si tratta di assoluta normalità: “E’ così che funzionano gli smartphone moderni”.
Ad eseguire lo studio sono stati alcuni ricercatori della University of Edinburgh e dal Trinity College Dublin, che hanno appunto posto l’attenzione su questo problema di privacy: ad essere analizzati sono stati alcuni in particolare modelli di Samsung, Xiaomi, realme e Huawei, e in tutti i casi è emerso lo scambio continuo di dati con server remoti.
GLI SMARTPHONE ANDROID INVIANO CONTINUAMENTE DATI: ECCO COSA E’ STATO SCOPERTO
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“Con la notevole eccezione di /e/OS – la conclusione dei ricercatori – anche quando configurate in modo minimo e il telefono è in idle, queste varianti Android personalizzate trasmettono notevoli quantità di informazioni allo sviluppatore del sistema operativo e anche a terze parti (Google, Microsoft, LinkedIn, Facebook, ecc. ) con le sole app di sistema preinstallate”. Gli studiosi hanno anche classificato quali siano i dati scambiati più frequentemente, dalle personalizzazioni degli utenti al primo avvio, identificatori persistenti, dettagli sull’utilizzo di varie applicazioni e informazioni telemetriche, tutte info che vengono condivise dal produttore dello stesso telefono anche anche con terze parti, vedi Microsoft, LinkedIn e Facebook, e il tutto senza installare alcuna applicazione sul proprio telefonino. Inoltre, secondo lo studio, Google otterrebbe tutti questi dati in maniera pressochè automatica e l’utente non avrebbe modo di evitare questo invio di informazioni private. E ancora, sempre dallo studio è emerso che alcune applicazioni native, quindi quelle già installate sul telefono una volta che lo acquistiamo, utilizzerebbero delle cifrature che possono essere decodificate, permettendo quindi degli attacchi man-in-the-middle.
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Google ha cercato di fare chiarezza sulla problematica e dopo aver letto lo studio ha fatto sapere che: “Sebbene apprezziamo il lavoro dei ricercatori, non siamo d’accordo sul fatto che questo comportamento sia inaspettato: è così che funzionano gli smartphone moderni. Come spiegato nel nostro articolo di supporto di Google Play Services, questi dati sono essenziali per i servizi principali dei dispositivi come le notifiche push e gli aggiornamenti software in un ecosistema diversificato di dispositivi e build software. Ad esempio, i servizi di Google Play utilizzano i dati sui dispositivi Android certificati per supportare le funzionalità principali del dispositivo. La raccolta di limitate informazioni di base, come l’IMEI di un dispositivo, è necessaria per fornire aggiornamenti critici in modo affidabile su dispositivi e app Android”.