A distanza di 35 anni dal disastro di Chernobyl, lo smantellamento nucleare della centrale resta un problema irrisolto.
Da quando il reattore 4 della centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina, esplose nel peggiore incidente nucleare della storia della fissione ad uso civile, il 26 aprile 1986, ancora oggi si riscontrano reazioni di fissione dell’uranio, con conseguente emissione di radiazioni.
La cittadina ucraina, era la sede di una centrale nucleare dove un’esplosione e incendio di uno dei reattori provocò l’irreparabile contaminazione della zona, con numerose vittime e una ricaduta radioattiva anche in altre regioni europee. L’incidente rese necessaria l’evacuazione di 116.000 abitanti nel raggio di 30 km e misure di controllo delle condizioni del suolo, della vegetazione e delle acque nel raggio di 60 km. La nube tossica si estese su gran parte dell’Europa destando serie preoccupazioni per la contaminazione di vegetali e i danni conseguenti nella catena alimentare.
Ancora oggi la situazione è tutto che risolta e anzi, l’interno del sarcofago di cemento da 1,5 miliardi, costruito per evirare ulteriori contaminazioni, la fissione prosegue senza sosta. I sistemi di controllo all’interno della centrale, in una stanza inaccessibile, stanno misurando un crescente numero di neutroni: segnale che la fissione nucleare prosegue. Sono proprio i neutroni, infatti, che colpendo gli atomi di uranio li spaccano in nuclei più piccoli, con l’emissione di radiazioni e altri neutroni, che alimentano la reazione a catena.
Infatti nelle settimane successive all’incidente le barre di combustibile di uranio, il loro rivestimento di zirconio e le barre di controllo in grafite vennero ricoperte da tonnellate sabbia nel tentativo di soffocare la reazione, ma tutto ciò che si ottenne fu la fusione del mix in una specie di lava. L’effetto fu quello di aumentare la fissione dei nuclei di uranio: perché l’acqua rallenta i neutroni, e sono proprio i neutroni lenti ad alimentare la fissione, tant’è che è spesso capitato che in concomitanza a forti piogge il conteggio dei neutroni che guidano la fissione andava alle stelle.
Chernobyl, per monitorare le radiazioni ci si affida ai robot
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Seguendo l’esempio di Fukushima, per controllare le radiazioni è stato deciso di utilizzare i robot, così da evitare rischi per gli esseri umani, così da mappare la strutture per iniziare il lungo programma di dismissione. Lo smantellamento infatti è decisamente delicato, soprattutto per quanto riguarda il nocciolo del reattore. Solo per il tempo strettamente necessario è stato accordato un permesso ad un gruppo di ricercatori di Bristol per accedere nella sala di controllo del reattore 4, così da poter inserire sensori di monitoraggio.
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Durante la visita il team ha testato alcuni sistemi autonomi e semiautonomi per la mappatura delle radiazioni. sistemi robotici sviluppati dalle università di Bristol ed Oxford portati a Chernobyl hanno creato mappe tridimensionali dell’impianto: questi dati risulteranno particolarmente preziosi in fase di smantellamento, definendo i livelli di radiazioni e la loro distribuzione all’interno della centrale, nonché i relativi fattori di rischio.