La trasparenza nel trattamento delle informazioni è una richiesta imprescindibile per i consumatori, che spesso non si fidano di come le aziende usano quello che sanno di loro.
Aumenta la consapevolezza su come vengono utilizzati i nostri dati sul web, soprattutto dopo la forte accelerazione data dalla pandemia per Covid-19 e l’aumento esponenziale dei servizi via computer. Questo ha scoperto molto più di prima al rischio i nostri dati personali e come si diffondono sil web. La privacy sta diventando un diritto finalmente riconosciuto dai cittadini di tutto il mondo, di cui governi, istitutioni e aziende devono tenere conto. Infatti c’è la netta percezione da parte di consumatori che i propri dati vengano utilizzati oltre quanto abbiano autorizzato, ma che soprattutto le intelligenze artificiali possano abusarne in maniera scorretta.
Serve un maggiore controllo e più trasparenza, ma la conoscenza delle leggi sulla privacy rimangono limitate, se non al fastidio che abbiamo ogni volta che dobbiamo cliccare sulla cookie policy dei siti. Il dato emerge dal Cisco 2021 Consumer Privacy Survey, che ha analizzato l’attitudine dei webnauti alla gestione dei propri dati. Lo studio ha coinvolto 2600 adulti in 12 paesi, divisi tra Europa, Asia e Americhe ed il risultato chiarisce come ci sia necessità di avere maggiori conoscenze su quali informazioni vengono raccolte e come vengono poi utilizzate. Questo fa crescere la sfiducia verso le aziende, che devono essere in grado invece di generare tranquillità e garanzie.
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Quasi la metà delle persone che ha partecipato al sondaggio ritiene che non ci sia una adeguata protezione dei dati e questo nascce dalla poca chiarezza delle aziende per mostrare come funziona la raccolta e l’utilizzo di questi ultimi: ben il 76% degli intervistati non sa come saranno infatti utilizzati.
Spesso finisce così che sono sempre di più le persone che decidono di interrompere qualsiasi rapporto, sia online che offline a causa delle preoccupazioni legate al trattamento delle informazioni personali. Dai risultati emerge che un terzo ha abbandonato i servizi forniti da società di social media e un 28% dal fornitore di accesso a internet.
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Il 19% non vuole più avere a che fare con retailer e un ulterioe 19% con il fornitore di carta di credito, mentre il 18% ha avuto una drastica chiusura con una banca o una istituzione finanziaria. Il fenomeno colpisce un particolare i giovani, visto che il 44% degli attivisti è compresa tra i 25 e i 34 anni.
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