Su Whatsapp si abbatte una multa record di ben 225 milioni di euro per aver violato le leggi europee sulla privacy: pronto il ricorso.
Prosegue dunque la guerra tra l’Europa e i big tech. Sul tavolo non balla solo la questione delle tasse non pagate, un elemento di discordia su cui però i colossi americani riescono a navigare grazie alle ampie differenze fiscali dei paesi membri dell’UE. Il problema della gestione della privacy è cruciale e critico allo stesso tempo. Attraverso i device, le app, i programmi ed i social network, le multinazionali americane raccolgono enormi quantitativi di dati personali, il nuovo oro del XXI secolo. Questi dati infatti sono cruciali per le vendite di beni, perché vengono vendute ai diretti interessati che possono creare campagne di marketing sempre più precise e mirate. Prendendo spunto dai tragici fatti dell’Afganistan, sono una sorta di bombe intelligenti e, come quelle, possono causare diverse vittime collaterali. Infatti non siamo mai consapevoli delle autorizzazioni che rilasciamo ogni volta che accediamo ad un sito oppure apriamo una applicazione o accettiamo un innocente gioco sui social.
Tutto questo ha un valore economico altissimo e la multa testimonia come i nostri dati siano sfruttati senza spiegare né cosa ne viene fatto, né come vengono prelevati.
Multa record di 225 milioni, ma WhatsApp non ci sta
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L’Irlanda ha imposto una multa record da 225 milioni a WhatsApp per aver violato le leggi sulla privacy dei dati dell’Ue. In particolare viene accusata di non aver assolto ai suoi obblighi di trasparenza nei confronti degli utenti sull’utilizzo dei dati. I giudici accusano l’app di Facebook di non aver informato adeguatamente i cittadini dell’UE su cosa ne viene fatto delle loro informazioni personali.
La sentenza arriva dopo una lunga indagine avviata nel dicembre 2018 e la sanzione è stato ampiamente rivista al rialzo su richiesta degli entri regolatori europei. La commissione dei dati irlandese (Dpc) è responsabile del controllo dell’adesione alla carta dei diritti dei dati Gpdr dell’Unione europea. La commissione ha chiesto a WhatsApp di intraprendere quanto prima azioni correttive, ma la società americana non ci sta e prepara un ricorso, ritenendo la sanzione sproporzionata rispetto a quanto è stato stabilito a livello di responsabilità.