NFT di Damien Hirst: ancora da scoprire se si tratterà di criptovaluta oppure di opera in digitale

Tutto e il suo esatto contrario. Un po’ artista un po’ imprenditore, capofila degli gli Young British Artists (o YBAs), gruppo di visual artist. Damien Hirst non finisce di stupire e nell’ultimo progetto ha presentato un’opera in due forme.

Criptovaluta (Adobe Stock)
Criptovaluta (Adobe Stock)

Nella prima la sua forma fisica è costituita da 10.000 fogli A4 dipinti a mano, unici, ricoperti di punti colorati. In ogni foglio include un’immagine olografica dell’aurore, a mo’ di firma, un micropunto e, al posto di un numero di serie, un piccolo messaggio individuale. Nella seconda parte dell’opera ecco che il dipinto ha un corrispondente NFT, il risvolto dell’altra medaglia (digitale), quei token crittografico che rappresentano qualcosa di unico; i gettoni non fungibili né intercambiabili, l’esatto contrario le criptovalute, per loro stessa natura fungibili. Gli NFT sono certificati di proprietà digitali che esistono sui registri online sicuri noti come blockchain.

Damien Hirst divide la critica creando una varietà di denaro

Blockchain (Adobe Stock)
Blockchain (Adobe Stock)

In “The Currency” i collezionisti non acquisteranno immediatamente l’opera d’arte di Damien Hirts, ma pagheranno circa duemila dollari per la NFT. E poi avranno un anno per decidere se vogliono la versione digitale o fisica. Una volta che il collezionista ne seleziona uno, l’altro verrà distrutto.

La sua opera divide la critica, rappresenta proprio quel tutto e il suo esatto contrario: si tratta di criptovaluta oppure di un’opera in digitale? Domandarselo è lecito, perché il geniale Hirst ha essenzialmente creato una varietà di denaro, sulla base della logica che esso è principalmente un fenomeno sociale costruito attorno alla fede e alla fiducia. In tal modo, tocca un paradosso interessante. “Non fungibile” significa che un token è una tantum. Questo per contrastarlo con oggetti fungibili come i dollari, che sono tutti uguali e possono essere scambiati allo stesso modo. La fungibilità è una delle proprietà essenziali di qualsiasi valuta secondo l’economia tradizionale.

La forte sensazione è che creando 10.000 singole unità rappresentanti le valute reali, Hirst sta evidenziando con i segni unici di ogni opera che anche le valute fungibili hanno alcune proprietà non fungibili. “La maggior parte delle valute – si legge sul The Conversationavrà numeri di serie e date di emissione diversi su ciascuna banconota. Questo aiuta a sottolineare che il denaro è un concetto che diventa sempre più difficile da definire quando lo si guarda più da vicino”.

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Hirst non è il primo a porsi quesiti filosofici nel contesto delle NFT. Pochi mesi fa, sempre secondo The Conversation – una società chiamata Injective Protocol ha acquistato un’opera del 2006 di Banksy chiamata Morons per 95.000 dollari. Ha quindi masterizzato il pezzo in diretta su Twitter in modo che solo una versione digitale sia sopravvissuta su un NFT. Ha poi venduto la NFT a 380.000 dollari. Injective Protocol ha deciso di giocare (e vincere) sulla preferenza umana ancora per il fisico e reale, rispetto al digitale. Distruggendo la versione fisica e poi affermando che la firma NFT avrebbe sostituito l’opera d’arte, Injective ha attirato l’attenzione sul vantaggio che un NFT non può essere distrutto da vandali.

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Hirst si spinge oltre. “Sta mettendo in evidenza è come il puzzle sia facilmente risolto –chiosa The Conversation – riconoscendo che ci sono due comunità interessate alla sua opera d’arte: quelle che apprezzano i suoi pezzi fisici tradizionali e quelle che apprezzano i suoi pezzi NFT”. Tutto, appunto. E il suo esatto contrario.

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