Straordinaria quanto rivoluzionaria invenzione di un ingegnere che ha scoperto un metodo per estrarre acqua dall’aria anche ad alte temperature, uno strumento che potrebbe stravolgere il mondo intero, ed ora vi spieghiamo come funziona.
A scoprirlo è stato tale Enrique Veiga, che ha cercato di dare una risposta ai numerosi cambiamenti climatici che negli ultimi anni hanno accelerato in maniera preoccupante, e che stanno stravolgendo il nostro pianeta fra scioglimento repentino dei ghiacciai, innalzamenti degli oceani e inondazioni sempre più frequenti, fenomeni di maltempo violenti, ma anche periodi di siccità e di clima torrido decisamente anomali, così come quello verificatosi non più tardi di un mese fa in Canada, nazione tutt’altro che dal clima tropicale.
ESTRARRE ACQUA DALL’ARIA, IL METODO RIVOLUZIONARIO DELL’82ENNE VEIGA
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Le istituzioni e i governi di tutto il mondo hanno stretto una serie di accordi per cercare di arginare questo problema, e un forte aiuto potrebbe arrivare anche dalle invettive dei singoli, così come appunto l’ingegnere di cui sopra, che è riuscito ad estrarre acqua dall’aria. Del resto, come accennato sopra, i periodo di forte siccità sono fra le principali conseguenze del surriscaldamento globale, e fanno comprendere ancora di più quanto l’acqua sia un bene prezioso che non deve essere sprecato. Enrique Veiga, originario della Spagna, lavora al suo progetto da ben 30 anni, e negli ultimi tempi è riuscito a perfezionare la sua tecnologia. L’azienda si chiama Aquaer, ed è appunto in grado di estrarre acqua dall’aria, ma vediamo come funziona il processo: con l’elettricità si raffredda l’aria che si condensa e si trasforma l’acqua, un procedimento molto simile a quello che avviene negli impianti di condizionamento.
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La particolarità dell’invenzione di Veiga è che non ha bisogno di basse temperature in quanto funziona fino a 40 gradi centigradi, ne tanto meno di un ambiente ad alta umidità, in quanto basta che il tasso sia compreso fra il 10 e il 15%. Si può quindi ottenere acqua anche nelle zone più desertiche al mondo. “L’obiettivo è raggiungere posti come i campi profughi dove non c’è acqua potabile”, ha spiegato Veiga, 82enne, al lavoro su questa idea dagli anni ’90 dopo un periodo di lunga siccità nella Spagna del sud. “L’obiettivo è aiutare le persone – ha spiegato ancora – come i campi profughi che non hanno acqua potabile”. “Nei villaggi che abbiamo visitato in Namibia, sono rimasti stupiti, non hanno capito, chiedendo da dove arrivasse l’acqua”. Quindi ha concluso: “La nostra idea non è solo quella di realizzare un dispositivo che sia efficace, ma anche di renderlo utile per le persone che devono camminare per chilometri per andare a prendere l’acqua o fare pozzi”.