Dopo aver celebrato le imprese di Virgin Galactic e Blue Origin adesso inizia la conta dei possibili danni. Vediamo quali potrebbero essere.
L‘uomo nello spazio, un’idea meravigliosa della quale però ci potremmo pentire, o almeno cominciare a fare la conta dei danni. Godiamoci dunque le imprese di Richard Branson con Virgin Galactic e poi di Jeff Bezos con Blue Origin, ma non perdiamo di vista il prezzo da pagare in termini di impatto ambientale.
L’epoca del turismo spaziale ancora è appena agli inizi, tuttavia bisogna imparare a ragionare anche in questi termini per evitare che le conseguenze diventino sempre più grandi ed irreparabili. Solo due settimane fa Branson è salito a 80 chilometri di quota a bordo della navicella Vss Unity, Blue Origin lo ha emulato nemmeno dieci giorni alzando l’asticella a 120 chilometri. Grande assente per il momento Elon Musk, che però promette il decollo commerciale di SpaceX già entro la fine di quest’anno.
Inquinamento da turismo spaziale: ecco quali sono le possibili conseguenze
La corsa allo spazio è appena cominciata, non è però tutto oro quel che luccica dato che a lungo termine potremmo pagare un prezzo nefasto. La comunità scientifica ha già cominciato a porsi il problema dell’eventuale impatto dell’industria spaziale sulla salute dell’atmosfera.
I magnati del settore si sfidano a colpi di scaramucce verbali, Jeff Bezos ad esempio sostiene che le sue missioni sono le più rispettose dall’ambiente tra quelle attualmente in fase di sperimentazione, Branson ribatte invece che le emissioni in CO2 di Virgin Galactic non superano quelle di un normale aereo di linea sulla rotta Londra-New York.
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A smorzare i toni ci pensa poi il consigliere per il clima della Nasa Gavin Schmidt che non si dice affatto preoccupato dallo stato attuale delle cose, bisogna però tener conto che in futuro il volume delle emissioni aumenterà a dismisura ed in maniera direttamente proporzionale alla crescita del turismo spaziale.
Il motore Blue Engine 3 di Blue Origin usa ad esempio propellenti a idrogeno ed ossigeno liquido, mentre la Vss Unity di Virgin sfrutta l’ossido di azoto, un ibrido tra carburante solido ed ossidante liquido: la combustione di questi materiali produce un enorme quantitativo di vapore acqueo e fuliggine che rimangono nella mesosfera dai due ai cinque anni, mettendo in moto un processo di corrosione della pellicola di ozono che protegge il nostro pianeta con conseguenza potenzialmente letali per il nostro ecosistema. Pensiamoci, anche perché il surriscaldamento globale intanto cresce di pari passo e ciascuna delle compagnie menzionate ha in programma qualcosa come circa 400 decolli all’anno.