La scoperta lascia senza parole, ma lo abbiamo verificato direttamente: su Google Maps sono presenti indicazioni per le zone di spaccio della droga: è una scelta pericolosa o un’opportunità per debellarle?
Per alcuni può sembrare incredibile che una delle app più utilizzate al mondo abbia presente al suo interno la segnalazione di questi punti, ma purtroppo è così da molti anni. Va ricordato che Maps si aggiorna grazie alla segnalazione degli utenti e non è possibile per gli sviluppatori verificare tutti i punti di interesse caricati.
Così a sorpresa emergono queste ricerche assurde, che del resto sono denunciate da molti anni dalle tante associazioni che lottano contro lo spaccio di droga. Basta fare una prova empirica sulla propria città, effettuando proprio questa ricerca. Ecco che usciranno tutta una serie di risultati, purtroppo spesso collegati ai quartieri più disagiati.
Così, per quanto riguarda Roma, emerge una mappa appositamente creata per San Basilio, zona nel quadrante nord-est della Capitale, con una sorta di confine dove trovare sostanza proibite, come potete verificare dallo screenshot in alto.
Su Google Maps sono segnalate le zone di spaccio
Per rimanere ancora su territori purtroppo noti per la vendita di droga, è presente anche la zona di Scampia con le famigerate Vele, ma questi sono solo gli esempi più famosi, visto che segnalazioni di questo tipo sono presenti praticamente in tutta Italia.
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Il dibattito sull’opportunità che su Google Maps siano presenti questi “punti di interesse” è acceso ed estremamente polemico. Infatti sono in molti quelli che ne chiedono la rimozione immediata, per non incentivare soprattutto chi, alle prime armi, è alla ricerca di pusher. Allo stesso tempo altri vorrebbero cogliere l’opportunità: conoscendo le zone dove è possibile rifornirsi, potrebbero essere aumentati i controlli di polizia, eliminando il problema.
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La realtà, purtroppo è a metà. Queste zone sono ben conosciute alle forze dell’ordine e Google Maps non aumenterebbe la sicurezza del territorio. Di certo l’allarme è sempre più alto e richiede, senza dubbio, un intervento di Google stesso, chiamato ad una più attenta verifica di tutto quello che viene inserito sui suoi database.