Ogni anno vengono sprecati milioni di prodotti ancora imballati: ci sono le testimonianze, ecco chi è l’indiziato numero uno.
Numeri drammatici per quanto riguarda lo spreco annuale: un gigante del commercio online è stato accusato difatti di essere il principale fautore di una catena al massacro che riguarda ogni anno milioni di prodotti ancora integri riposti all’interno delle rispettive confezioni. Se ne sta occupando da qualche tempo la tv britannica Itv Hub, che ha stilato in esclusiva tramite alcune sue trasmissioni un interessantissimo reportage fatto di documenti visivi, interviste e video educativi di altro genere.
Dal dossier emergono dati preoccupanti che riguardano una delle multinazionali statunitensi più “frequentate”, basti pensare che nonostante i profitti da record i prodotti spediti da questa azienda nel Regno Unito ogni settimana vengono portati al macero ancora imballati e fatti distruggere. La cosa ancor più scioccante è che i prodotti di cui parliamo sono migliaia per ogni singolo centro di smistamento, se poi aggiungiamo che il colosso cui ci stiamo riferendo è niente di meno che il celeberrimo Amazon allora forse vale la pena approfondire l’indagine.
Naturalmente si possono adottare alcuni accorgimenti per ovviare all’enorme quantitativo di prodotti rimasti inutilizzati, certo è che per farlo bisogna risalire alle radici vere del problema. Alla vigilia del Prime Day 2021, in cui (tra 21 e 22 giugno) il colosso fondato da Jeff Bezos si avvia a mettere in vetrina una carrellata di sconti su una vasta gamma di prodotti, il colpo alla reputazione potrebbe essere fatale. Non che la credibilità di Amazon come leader del settore possa in qualche modo traballare o venire meno, ma l’opinione della gente potrebbe bruscamente cambiare non appena saputo che fine fanno gli stoccaggi in eccedenza.
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I magazzini di Amazon sono pieni di scatole e scatoloni, come spiega Itv, che finiranno distrutti: una sorta di “economia alla rovescia” l’ha definita qualcuno, secondo una logica incomprensibile che non vuole vengano riciclati o anche solo regalati a pochi giorni dal loro primo utilizzo. Peccato, perché il meccanismo controverso vuole che Amazon più passi il tempo più alzi il prezzo sulle scatole “immobili”, con una progressione dei costi che fa sì che gli acquirenti piuttosto che tentare il “colpo” preferiscano lasciare essi stessi che vadano al macero, mentre per il venditore diventa ancor più conveniente disfarsene.
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Il fenomeno sta assumendo proporzioni inquietanti: qualcuno degli impiegati in seno al gruppo racconta incredulo di “aspirapolveri, iPad, ventilatori, MacBook ed altri elettrodomestici sostanzialmente nuovi che per assurdo non possono nemmeno essere donati in beneficienza“, di cui le venti mila mascherine anti Covid trovate ancora imballate non rappresentano che la punta dell’iceberg. Fari puntati sui centri smistamento di Dunfermline, in Scozia, divenuta ormai una vera e propria discarica a cielo aperto: chissà se Amazon dopo la denuncia in tv si attiverà per metter fine in qualche modo a questo scempio.
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