Gli Stati Uniti non mollano la presa, anzi rilanciano: si pensa a nuove restrizioni per le aziende cinesi.
App e social-networks provenienti dalla Cina, telefonia mobile e fissa e prodotti hi-tech di quinta generazione: a quanto pare la luce in fondo al tunnel è sempre più lontana per le compagnie di stanza nel Paese del Dragone. L’insediamento alla Casa Bianca di Joe Biden aveva lasciato sperare, in un primo momento, almeno in un ridimensionamento delle limitazioni sul mercato americano imposte dall’amministrazione Trump. Ma era solo un fuoco di paglia, anzi, addirittura ciò che si vocifera da qualche settimana potrebbe tramutarsi prestissimo in una realtà ancor più amara.
Le prime indiziate a pagarne le conseguenze sembrano essere TikTok e WeChat, che probabilmente subiranno un inasprimento delle sanzioni a garanzia della privacy degli utenti. Inoltre la Commissione federale governativa di Washington, tramite un ordine esecutivo firmato il 9 giugno dal presidente Joe Biden in persona, pare fortemente orientata a misure più severe contro le multinazionali d’Oriente (penalizzate dalla black list) per proteggere i dati sensibili dei cittadini.
Cina, mercato orientale e restrizioni americane: uscire dal ban si può?
Quel momento è ancora lontano, certo per le aziende boicottate è possibile adottare alcune contromisure che consentano un graduale “ritorno alla normalità“. C’è un “però”: colossi stranieri imponenti come Cina e Russia nei piani americani non devono avere accesso ad informazioni aziendali riservate, e sarà proprio il segretario del Commercio, figura storicamente “vicina” a Trump negli anni passati, a stabilire quali app rispettino i criteri.
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Il Dipartimento del commercio, nella figura dell’attuale segretario Gina Raimondo, potrà emettere provvedimenti per raccogliere informazioni sui software per pc, smartphone e tablet provenienti dai paesi “sgraditi” (tra cui Venezuela e Iran, oltre alla Cina), quindi deciderà eventualmente se limitarne la vendita nel territorio degli Stati Uniti o vietarla del tutto. L’esecutivo del 9 giugno non cita espressamente per nome le aziende in questione, ma potrebbe appesantire il clima di ostilità nei loro confronti dato che già si cercano altre nazioni propense ad abbracciare la politica del ban.
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Gina Raimondo informerà le compagnie sull’ inadeguatezza dei loro prodotti, da quel momento ci saranno 30 giorni per mettersi in regola e soddisfare i requisiti. A causa delle recenti tensioni tra Washington e Pechino è molto probabile che la Cina finisca al centro di questo giochino al massacro: già a marzo molte società cinesi hi-tech erano state additate come minaccia per la sicurezza nazionale (Huawei e Zte in primis, ma anche Hytera, Hikvision e Dahua), adesso anche social come Tik Tok e WeChat. Per il ministro degli esteri cinese Zhao Lijian si tratta di un abuso di potere inutilmente punitivo, vediamo cosa accadrà nei prossimi giorni.