Ciò che è successo a Christian Eriksen ha fatto gridare al miracolo in Danimarca e non solo: ecco cosa sta accadendo.
Copenhagen, sabato 12 giugno 2021: è il quarantatreesimo del primo tempo di Danimarca-Finlandia, partita valida per la seconda giornata del campionato europeo di calcio. Siamo ancora sullo zero a zero quando il centrocampista dell’Inter e della nazionale danese Christian Eriksen prova ad intervenire sulla rimessa laterale di un compagno e subito dopo si accascia a terra. Un movimento sbagliato e subito dopo il giocatore cade in avanti battendo la faccia, si capisce subito che qualcosa è andato storto.
E’ grave e allo stadio Parken cala il silenzio: sono momenti di terrore puro, Eriksen è praticamente morto. Arrivano i soccorsi e viene fatto un massaggio cardiaco tempestivo, quindi la corsa in ospedale ed il risveglio. La moglie Sabina Qvist ed il mondo intero possono finalmente tirare un sospiro di sollievo: non è la prima volta che accade una tragedia simile nel calcio, a differenza dei colleghi Morosini e Mariano Puerta però (solo per citarne un paio, ma la lista purtroppo è ben più lunga) Christian l’ha scampata bella e già si grida al miracolo. Ma cosa è accaduto esattamente? Chi ha salvato davvero Eriksen? L’amico rivale milanista Kjaer, come si dice, che è intervenuto per primo? La scienza e i progressi della medicina? O un miracolo vero?
Naturalmente per tornare a parlare di idoneità sportiva ci vorrà parecchio tempo, semmai questo dovesse avvenire, la notizia più importante però è che Christian Eriksen potrà condurre una vita normale. Al calciatore è stato impiantato infatti un defibrillatore sottocutaneo, meno invasivo di quelli tradizionali. Oggi un dossier americano ha valutato la sopravvivenza dei pazienti cui viene impiantato un defibrillatore ICD (Implantable Cardioverter Defibrillator, in titanio ed alimentato a batteria) o un defibrillatore CRT per la terapia di resincronizzazione cardiaca (che prevede una stimolazione biventricolare).
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A dieci anni dall’impianto le donne hanno reagito molto meglio: l’ICD venne messo a punto negli anni settanta a Baltimora e ha dato ottime prospettive in termini di sopravvivenza e qualità della vita. Il defibrillatore CRT-D invece si preferisce per pazienti con scompenso cardiaco (nei cinque maggiori paesi europei sono interessati circa in tre milioni) o predisposti ad aritmie che un tempo portavano a morte improvvisa.
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I progressi della scienza e del campo biomedico hanno reso questi dispositivi sempre più sicuri: in Italia ogni anno ne vengono impiantati oltre 45 mila ed aumentano notevolmente le aspettative di vita. Unica accortezza sostituire la batteria con un altro intervento correttivo (nel 70% dei casi questo è necessario una volta, nel 40% due volte ), in ogni caso la mortalità è ridotta del 20% rispetto a chi tratta ancora il problema coi farmaci.
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