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Spavento dalla sonda Nasa su Giove: ecco cosa ha scoperto

La sonda spaziale Juno della NASA arriva a 645 miglia (1.038 chilometri, più o meno) dalla superficie della più grande luna di Giove, Ganimede. Un avvicinamento simile non avveniva dal 20 maggio 2020, dai tempi sonda Galileo, sempre della NASA.

Juno, Ganimede mai visto così prima d’ora (Adobe Stock)

Insieme alle immagini sorprendenti, il veicolo spaziale a energia solare fornirà approfondimenti sulla luna composizione, ionosfera, magnetosfera e guscio di ghiaccio. Le misurazioni di Juno dell’ambiente di radiazione vicino alla luna, andranno anche a beneficio delle future missioni nel sistema gioviano.

Juno utilizza strumentazioni all’avanguardia: Ultraviolet Spectrograph e Jovian Infrared Auroral Mapper. Ma non solo

Juno s’avvicina a Ganimede (Adobe Stock)

 

Ganimede è il maggiore dei satelliti naturali del pianeta Giove, il più grande dell’intero sistema solare. Supera per dimensioni (ma non per massa) perfino Mercurio. Composto principalmente da silicati e ghiaccio d’acqua, Ganimede è totalmente differenziato con un nucleo di ferro fuso.

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Si ritiene che un oceano di acqua salata esista a circa 200 km di profondità dalla superficie, compreso tra due strati di ghiaccio. La superficie ganimediana presenta due principali tipi di terreno: le regioni scure, antiche e fortemente craterizzate, che si ritiene si siano formate 4 miliardi di anni fa e che coprono un terzo della luna e le zone più chiare, di formazione più recente, ricche di scoscendimenti e scarpate che coprono la restante parte.

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La causa delle striature visibili nelle zone chiare non è ancora totalmente compresa, sebbene esse siano probabilmente il risultato dell’attività tettonica attivata dal riscaldamento mareale. Grazie a Juno, magari, tutte queste ipotesi potrebbero essere spiegate con maggiori informazioni.

Juno, infatti, possiede tante strumentazioni all’avanguardia, in grado di analizzare atmosfera, campo magnetico, emissioni termiche e molto altro. Ultraviolet Spectrograph e Jovian Infrared Auroral Mapper gli strumenti utilizzati maggiormente, ma anche il Microwave Radiometer. Che servirà per analizzare la crosta di acqua ghiacciata e la temperatura.

Ganimede è l’unico satellite del sistema solare per cui è nota l’esistenza di un campo magnetico proprio, probabilmente sostenuto dai movimenti convettivi all’interno del nucleo di ferro fuso. La ridotta magnetosfera ganimediana è immersa nella ben più grande magnetosfera gioviana, cui è collegata da linee di campo aperte.

Scoperto da Galileo Galilei nel 1610, Ganimede è stato chiamato così in onore del coppiere degli dei, amato da Zeus. Diverse missioni spaziali hanno potuto studiare Ganimede da vicino durante l’esplorazione del sistema di Giove. Si ricorda la Pioneer 10, che ha “scattato” le prime immagini ravvicinate, oppure le sonde Voyager grazie alle quali si sono perfezionate le misure del satellite ma anche scoperto l’esistenza del campo magnetico proprio e suggerito quella dell’oceano sotto la superficie.

Nel 2018 fu proprio la sonda Galileo a fornire le prove ancora più consistenti sull’esistenza degli enormi getti d’acqua e vapore. Ora, con Juno si spera di acquisire ulteriori informazioni.

Juno non sarà certo l’ultima esplorazione di Ganimede. Nel 2022 sono previste Jupiter Icy Moons Explorer dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ed Europa Clipper ancora della NASA.

Antonino Gallo

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