Secondo alcuni scienziati e biologi erano già in grado di farlo, solo che non lo sapevamo. Ecco i risultati del loro studio.
Secondo uno studio, gli arti del corpo umano, una volta persi o danneggiati, sarebbero in grado di ricrescere spontaneamente. Non ci sarà dunque più bisogno di ricorrere alla chirurgia o di impiantare protesi artificiali di alcun tipo. Se dovessimo perdere un braccio, ad esempio, o una gamba, secondo gli scienziati essi si rigenereranno, o almeno questo si evince dalle osservazioni approfondite condotte sull’ axolotl, una salamandra d’acqua il cui comportamento è risultato molto utile a comprendere come avvengono in natura i processi di rigenerazione.
Molte parti del nostro corpo, una volta danneggiate, sono in grado di ripararsi o “cicatrizzarsi” abbastanza in fretta, non tutte però. Possiamo allora imparare come fare da alcuni animali. La salamandra stessa, ad esempio, per tutto l’arco della sua vita può rigenerare gli arti ma anche cuore, cervello, ovaie, midollo, reni e occhi. I cervi fanno lo stesso con le corna, alcuni pesci invece possono rigenerare il tessuto cardiaco senza bisogno di ricorrere a cellule staminali.
Noi esseri umani, in età adulta, possiamo già rigenerare alcuni organi, ad esempio il fegato tende a tornare sempre nelle sue dimensioni standard e così anche la pelle, che si rinnova in maniera costante. Per altri tipi di tessuti invece bisognerà attendere i progressi della medicina di settore, intanto però questo report sui comportamenti dell’axolotl può spiegarci un sacco di cose.
L’axolotl, o assolotto, è una buffa creatura acquatica simile a una salamandra che trascorre gran parte della sua vita in stato larvale, senza compiere il “salto” evolutivo ad animale terrestre. Vive in Messico, nel lago Xochimilco, purtroppo però l’introduzione di alcuni pesci nel loro habitat naturale ne sta accelerando il rischio estinzione.
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Ad ogni modo, osservandone i comportamenti gli studiosi credono di aver trovato la chiave per svelare come funziona la rigenerazione degli arti in natura, raffrontando la sua fibra molecolare con quella di alcuni topi, presi ad esempio campione di tutti i mammiferi. Dalle analisi condotte dal biologo James Godwin e dal suo team, emerge che gli esseri umani potrebbero avere un “potenziale di rigenerazione non sfruttato” la cui chiave è da ricercarsi in una cellula immunologica chiamata macrofago.
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Quando i mammiferi (e di conseguenza gli esseri umani…) si feriscono, di solito interviene una cicatrice più o meno profonda a riparare il danno, ma così facendo paradossalmente ostacola una possibile “rigenerazione”. Invece l’axolotl non si cicatrizza come i mammiferi, ed è qui il punto: solo quando i livelli di macrofagi sono molto bassi anche l’assolotto ricorre alle cicatrici, mentre quando possiede macrofagi in numero molto più elevato gli organi o arti danneggiati si rigenerano ex-novo. Al momento è una possibilità, ma se questi meccanismi genetici venissero applicati all’uomo potrebbe essere l’alba di una nuova medicina, cosicché amputazioni ed altri infortuni possano risultare via via sempre meno traumatici.
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