Facebook cambia la policy di moderazione contenuti e stabilisce violazioni e sanzioni più aspre per i politici che istigano alla violenza e all’odio.
Facebook abolisce alcuni dei privilegi riservati alle personalità politiche in materia di moderazione contenuti. La svolta del social network arriverà ufficialmente tra oggi e domani e in sostanza sancirà la possibilità di bannare per un dato periodo di tempo gli account degli esponenti politici che violeranno la policy dell’azienda, non solo pubblicando materiale inaffidabile e fuorviante (fake news) ma anche esprimendo il proprio punto di vista.
Il provvedimento fa seguito alla richiesta avanzata un mese fa dall’Oversight Board di Facebook, l’organo indipendente che ha confermato il blocco del profilo di Donald Trump adottato dalla piattaforma a inizio 2021. L’ex presidente degli Stati Uniti era stato bannato praticamente da tutti social media in seguito ai fatti di Capitol Hill, quando molti suoi sostenitori presero d’assalto la sede del Parlamento per impedire la ratifica della vittoria elettorale di Joe Biden nella corsa alla Casa Bianca.
Trump fu cacciato da Facebook perché, già da tempo e con enfasi crescente, i suoi post avevano alimentato il clima d’odio, accusando Biden di brogli elettorali senza alcuna pezza d’appoggio. Inoltre, il tycoon appassionato di golf non aveva condannato espressamente l’increscioso episodio di violenza ai danni della democrazia statunitense, raccomandando ai facinorosi di “tornare a casa in pace” ma puntualizzando che quel 6 gennaio sarebbe stato “un giorno da ricordare”, in senso potivito. Un’affermazione gravissima di fronte alla quale anche l’organizzazione più permissiva non poteva restare indifferente.
Questi e altri particolari hanno convinto gli esperti di diritti umani che formano l’Oversight Board di Facebook a ribadire l’esilio social di Trump lo scorso 5 maggio 2021. La loro consulenza, però, è tutt’altro che scevra da critiche per Zuckenberg e la sua creatura: il social network per antonomasia sarebbe infatti colpevole di non avere una chiara policy quando si tratta di moderare i post di rappresentanti politici, fino ad oggi non censurabili, in quanto di interesse pubblico, ovvero contraddistinti da una sedicente “indennità da notizia” (newsworthiness allowance).
In altre parole, anche quando il post di un politico scavalca limiti non consentiti ai comuni iscritti, bisogna salvaguardarlo perché il messaggio deve raggiungere comunque gli elettori. Principio ovviamente non seguito nel caso di Trump. In quella circostanza, per fortuna, anche Facebook ha capito che il comportamento del plurimiliardario aveva compromesso l’ordine pubblico, incoraggiando violenze e sedizione. E andava stoppato.
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E infatti ora il confine riguarderà non già tutti i post caricati da uomini politici, ma quelli che costituiscono un pericolo per l’ordine pubblico e che possono provocare violenza, cominciando da quelli di istigazione all’odio. Ma il Board ha intimato ai piani alti di Menlo Park di definire una scadenza per i ban, che può essere sia a tempo che perenne. L’importante è che sia esplicitamente dichiarata.
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Il dettato degli esperti non è vincolante. Ma Facebook – che, nonostante l’organo di sorveglianza abbia la pretesa di essere indipendente, lo paga di tasca sua – ha già fatto sapere che intende rispettarlo. In conclusione, ci si aspetta che a brevissimo Zuckerberg e i suoi pubblichino una nuova policy che includa una chiara regolamentazione dei post caricati dai politici in vista, sia in termini di violazioni che in termini di sanzioni.
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