Decisamente curioso quanto accaduto ad un acquirente della provincia di Parma, a cui è stato negato il reso di un iPhone da parte di Amazon… per delle mutande.
Già, proprio così, perchè stando a quanto sostiene il portale e-commerce più famoso al mondo, l’oggetto rispedito dal cliente insoddisfatto non era uno smartphone di Cupertino bensì un semplice paio di mutande. Ma facciamo un passo indietro spiegando nel dettaglio l’intera vicenda denunciata dalla Federconsumatori parmigiana. Accade che un signore decide di acquistare appunto un melafonino da Amazon, al costo di 890 euro. Tutto contento effettua l’acquisto fino al giorno in cui gli viene spedita la merce. Peccato però, che, una volta ricevuto, il telefono non soddisfa le esigenze del compratore, non si sa bene per quale motivo, di conseguenza lo stesso decide di esercitare il diritto di reso, politica solitamente molto efficiente da parte della piattaforma di acquisti online più nota sul pianeta. Il compratore ha quindi seguito le varie istruzioni per fare il reso, contattando come al solito l’assistenza di Amazon che ha mandato all’indirizzo selezionato un suo corriere SDA per ritirare lo smartphone indesiderato.
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Fin qui tutto bello, fatto sta che pochi giorni dopo l’acquirente ha ricevuto la brutta sorpresa: il portale di Jeff Bezos gli ha infatti comunicato che non provvederà alla restituzione dell’importo pagato per il telefonino in quanto l’oggetto rispedito risulta “non conforme all’originale”. A quel punto il cliente, decisamente sorpreso, decide di chiedere chiarimenti, e alla richiesta di maggiori informazioni Amazon ha comunicato che nel pacco rispedito erano state trovate solamente delle mutande. Una risposta che lascia molto perplessi in quanto il portale, stando a quanto specificato dal sito di Federconsumatori Parma, non fornisce alcuna prova concreta come ad esempio delle foto, e rifiutando inoltre di chiedere chiarimenti al corriere.
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A quel punto il cliente, sentendosi nel giusto, ha contattato l’avvocato Giuseppina Scavuzzo di Federconsumatori Parma, che ha inviato un’email di reclamo attraverso un indirizzo pec, Posta elettronica certificata, a cui ha risposto Amazon dicendo di non avere una pec. “Oltre a non capire come abbiano fatto dunque a leggere la mia mail – sottolinea l’avvocato – senza pec non potrebbero neanche operare su territorio italiano. Ma tralasciando questo particolare, è tutta la vicenda ad avere i contorni del paradosso. Questo caso mette a nudo una grossa falla nella tutela del consumatore negli acquisti online perchè il mio assistito ha esercitato un suo diritto ma non ha modo di dimostrare la bontà del suo operato e Amazon non collabora per risolvere il problema”. Il legale ha aggiunto: “Serve un intervento del legislatore o nuove prassi di tutela stabilite tra compratore, venditore e corriere. Al momento possiamo consigliare a tutti di scattare diverse foto dei pacchi che si spediscono e per gli smartphone di conservare il codice che consente il tracciamento”.
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