All-in sui software. E’ questa la mossa di Ren Zhengfei, fondatore del gigante tecnologico Huawei, società cinese impegnata nello sviluppo, produzione e commercializzazione di prodotti, di sistemi e di soluzioni di rete e telecomunicazioni da ormai 30 anni.
Zhengfei, come rivela la Reuters, ha invitato il personale dell’azienda a “osare di guidare il mondo” nel software mentre la società cerca di crescere oltre le operazioni hardware, che le sanzioni statunitensi hanno paralizzato.
Huawei, la ricerca del giusto modello per sviluppare software
Il promemoria interno visto da Reuters è la prova più chiara della direzione dell’azienda, in quanto risponde alle immense pressioni che i ban statunitensi hanno posto sul business degli smartphone made in Huawei.
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Il fondatore del gigante tecnologico si sta concentrando sul software perché lo sviluppo futuro nel campo è fondamentalmente “fuori dal controllo degli Stati Uniti, con la possibilità di una maggiore indipendenza e autonomia“.
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Poiché sarà difficile per Huawei produrre hardware avanzato a breve termine, i cinesi dovrebbero concentrarsi sulla costruzione di ecosistemi software nel prossimo futuro, migliorando ulteriormente il suo sistema operativo HarmonyOS, oppure il suo sistema di intelligenza artificiale cloud Mindspore, e altri prodotti simili.
Galeotta la lista nera di Donald Trump. Nel 2019, l’allora presidente degli Stati Uniti ha iniziato a impedire a tecnologie considerate critiche, di origine statunitense, bloccando la capacità di progettare i propri chip e componenti di origine, da fornitori esterni. E tutto lascia presagire che resterà così, visto che l’amministratore del nuovo presidente degli States, Joe Biden, non ha fornito alcuna presa di posizione riguardo alle sanzioni del suo predecessore.
La lista nera di Trump ha anche negato a Google di fornire supporto tecnico ai nuovi modelli di telefoni Huawei, compreso l’accesso a Google Mobile Services, il pacchetto di servizi per sviluppatori su cui si basa la maggior parte delle applicazioni di Android.
Il rapporto annuale (2020) di Huawei ha analizzato quanto dei suoi 891,4 miliardi di yen (circa 138,70 miliardi di dollari al cambio) di entrate provenisse dal suo software. Da qui l’idea di affidarsi all’inevitabile spinta che darebbe la ricerca del giusto modello per sviluppare software, che l’azienda dovrebbe adottare con un approccio open source.
Vista l’impossibilità di lavorare negli Stati Uniti, la nota di Ren alla Reuters specifica che Huawei dovrebbe rafforzare la propria posizione in patria e costruire il proprio territorio in un’ottica di possibile esclusione degli Stati Uniti.
“Una volta che dominiamo l’Europa, l’Asia Pacifico e l’Africa, se gli standard statunitensi non corrispondono ai nostri e non possiamo entrare negli Stati Uniti, gli Stati Uniti non potranno entrare nel nostro territorio“. Più chiaro di così.