Apple-Cina, inchiesta choc New York Times: “Censura e sorveglianza”

Sono decisamente pesanti le accuse rivolte dal New York Times ad Apple. L’autorevole quotidiano della Grande Mela ha infatti realizzato un’inchiesta secondo cui la stessa multinazionale di Cupertino sarebbe di fatto al soldo della Cina, come riferisce il sito Tempi.it, diventando “il braccio armato della censura del regime comunista di Xi Jinping”, cancellando, prima ancora della richiesta del governo, migliaia di app dall’App Store cinese, o non facendole nemmeno entrare in quanto invise al Partito comunista, organo che tra l’altro riceve tutti i dati personali di migliaia di utenti.

Apple e Cina, le accuse del New York Times (Foto NYT)
Apple e Cina, le accuse del New York Times: i dettagli (Foto NYT)

Il New York Times ha parlato con 17 dipendenti Apple, con quattro esperti di sicurezza, ed ha visionato documenti esclusivi, ed ha ricordato come oggi tutti i prodotti di Cupertino vengono assemblati in Cina, e dall’Impero giunge un quinto dei profitti dello stesso colosso californiano. «Il signor Cook – accusa il New York Times – parla spesso dell’impegno di Apple per le libertà civili e la privacy. Ma per stare dalla parte giusta dei regolatori cinesi, la sua compagnia ha messo i dati dei suoi clienti cinesi a rischio e ha aiutato la censura del governo nella versione cinese del suo App Store. Dopo che i dipendenti cinesi hanno protestato, ha addirittura cancellato lo slogan dal retro degli iPhone: “Progettati da Apple in California”». E ancora: «Apple è diventato un ingranaggio nella macchina della censura che presenta una versione di internet controllata dal governo», le parole al Nyt di Nicholas Bequelin, direttore di Amnesty International per l’Asia. «Se si guarda al comportamento del governo cinese, Apple non oppone alcuna resistenza».

Apple-Cina, inchiesta choc (Foto IlFattoQuotidiano)
Apple-Cina, inchiesta choc del NYT (Foto IlFattoQuotidiano)

APPLE-CINA, INCHIESTA NYT: “55MILA APPLICAZIONI ESTROMESSE DALL’APP STORE”

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Come detto in apertura, secondo il quotidiano newyorkese la Apple non farebbe entrare nel proprio App Store migliaia di applicazioni, come ad esempio aggregatori di notizie di giornali stranieri, incontri gay, organizzazione di proteste democratiche e il Dalai Lama. In totale, dal 2017 ad oggi sarebbero state cancellate ben 55mila applicazioni, mentre dal giugno 2018 allo stesso mese del 2020, la Apple avrebbe approvato il 91 per cento delle richieste della Cina, rimuovendo 1.217 app: nello stesso periodo, in tutto il resto del mondo, la rimozione è stata di solo 253 applicazioni.

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Doug Guthrie, professore universitario assunto da Apple nel 2014 per trattare la questione cinese, ha spiegato: «i lavoratori cinesi assemblano quasi ogni singolo iPhone, iPad e Mac. Apple si porta a casa 55 miliardi di dollari all’anno dalla regione, un profitto superiore a quello di qualunque altra azienda americana in Cina». Un modello di business che «funziona solo in Cina poi però sei sposato alla Cina, che vuole qualcosa in cambio», ovvero, dati personali, foto, chat, informazioni su conti, posizione degli utenti, video e via discorrendo. Accuse pesantissime quelle del Nyt che noi ovviamente pubblichiamo senza alcun commento, in attesa di una replica ufficiale della stessa Apple.

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