Dopo trentacinque anni la cittadina ucraina torna al centro delle cronache: si attivano anche i servizi segreti.
Sono passati trentacinque anni dal disastro di Chernobyl, il più grande incidente nucleare della storia recente, ma l’eco della catastrofe non sembra essersi ancora spento. Era la notte del 26 aprile 1986 quando un violento incendio scoppiato in una centrale, situata un centinaio di chilometri a nord di Kiev, disperse nell’aria milioni di isotopi radioattivi. Di quello che fu classificato come un tragico errore umano oggi ci stiamo ancora leccando le ferite, a causa dei danni irreversibili subiti dall’ambiente e degli effetti nefasti sulla salute dei cittadini.
Oggi la sciagurata cittadina ucraina torna al centro delle attenzioni, finalmente, si fa per dire, per motivi non legati alla radioattività. Dal 2019 difatti un team di distillatori, col benestare di alcuni periti, hanno deciso di produrre uno speciale tipo di vodka utilizzando ingredienti provenienti dai terreni agricoli della zona. Il distillato, va precisato, è fatto a base di aceto di mele, grano ed alcool ovviamente non contaminati e quindi commestibili, eppure sono sorti notevoli problemi durante la distribuzione tanto da scomodare i servizi segreti.
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La bevanda, malgrado il nome non proprio beneaugurante di “Atomik”, viene prodotta con le migliori intenzioni nel distretto di Narodichi, al confine con la Bielorussia, in collaborazione con la distilleria Palinochka. Lo scopo è rivalutare un po’ l’immagine della zona e magari risollevare anche le sorti dell’economia, visto che secondo il progetto iniziale il 75% degli introiti avrebbero dovuto essere devoluti in attività a sostegno della popolazione locale. Improvvisamente però sono sorti dei problemi.
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Il primissimo lotto prodotto, composto da 1500 bottiglie e destinato al mercato britannico, è stato bloccato dai servizi segreti ucraini e messo sotto sequestro per ragioni ignote. Si vocifera che per la spedizione oltremanica siano stati usati dei francobolli contraffatti, ma dalla Gran Bretagna arrivano nette smentite al riguardo dal momento che per le transazioni commerciali con Londra e dintorni sono previsti bolli d’accisa britannici e non ucraini, dunque considerati validi. Pertanto si tratta solo un antipatico inghippo burocratico che non impedirà in futuro di continuare a coltivare nella zona ormai ripulita da scorie tossiche. L’obiettivo è dimostrare al mondo che dopo tanta sofferenza l’area di Chernobyl ha voglia di tornare a vivere, nel frattempo un bel brindisi non guasta.
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