Tornano i sospetti circa l’origine del covid, ed in particolare, sul fatto che il virus sia stato creato in laboratorio. A sottolinearlo non sono gli ultimi complottisti della rete, bensì 18 scienziati di spicco che hanno scritto una lettera che è stata poi pubblicata sull’autorevole rivista Science.
Nella missiva si legge: “Una maggiore chiarezza sulle origini della pandemia di Covid-19 è necessaria e possibile. Dobbiamo prendere sul serio le ipotesi sugli spillover sia naturali che di laboratorio, fino a quando non abbiamo dati sufficienti”. Gli addetti ai lavori chiedono quindi di tenere in considerazione sia l’ipotesi “naturale”, ma anche il fatto che il covid si sia diffuso a seguito di un incidente in laboratorio. Per i ricercatori è necessario “un’indagine adeguata”, che “dovrebbe essere trasparente, obiettiva, basata sui dati e su un’ampia esperienza, soggetta a revisione indipendente e gestita responsabilmente per ridurre al minimo l’impatto dei conflitti di interesse. Allo stesso modo, le agenzie di sanità pubblica e i laboratori di ricerca – proseguono gli scienziati – devono aprire i propri archivi. Devono essere documentate la veridicità e la provenienza dei dati su cui vengono condotte le analisi e le conclusioni tratte, in modo che le analisi siano riproducibili da esperti indipendenti”.
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Una lettera che uno dei massimi virologi italiani, leggasi Roberto Burioni, professore del San Raffaele di Milano, ha definito clamorosa: “NOTIZIA CLAMOROSA – scrive su Twitter lo stesso – alcuni virologi autorevoli, alcuni legati al lab di Wuhan, hanno appena dichiarato su Science che sia l’origine da animali sia l’incidente di laboratorio sono ipotesi “vive” per spiegare la comparsa del coronavirus. Personalmente “relata refero”, no comment”.
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A sostegno della tesi dei 18 scienziati, anche il quotidiano francese Le Monde, da tempo in favore della “teoria artificiale”, che ha pubblicato nelle scorse ore tre lavori universitari condotti nei laboratori di Wuhan, che metterebbero in discussione le posizioni ufficiali della Cina in merito alla diffusione del covid e della conseguente pandemia. Dei tre studi, particolare attenzione merita quello sul virus RaTG13, un virus prelevato nel 2013 in una miniera abbandonata di Mojiang, in cui vivevano dei pipistrelli che avevano contagiato l’anno precedente alcuni operai, tre dei quali deceduti a seguito di una grave infezione polmonare molto simile a quanto avviene a causa del covid.
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