Alla fine il razzo cinese è ricaduto sulla Terra, così come previsto, ma senza colpire alcuna zona abitata. Il secondo stadio del “Lunga Marca 5B” è finito in mare aperto, precisamente nell’Oceano Indiano, non troppo lontano dalle isole Maldive: decisamente un bel posto in cui “morire”.
Così come ampiamente annunciato negli scorsi giorni da Pechino, il razzo è terminato in acqua senza provocare alcun danno a persone o cose, e terminando così una due giorni di allarmismi che aveva indotto la Protezione Civile a convocare un tavolo straordinario assieme ad altre importante autorità italiane. A ufficializzare la ricaduta nell’oceano del razzo cinese è stato l’ufficio per il volo umano dell’agenzia spaziale cinese Cnsa, conferma poi giunta anche dal Norad, il Comando di Difesa Aerospaziale del Nord-America. Una zona ben lontana dalle stime degli scorsi giorni, che avevano previsto una possibile ricaduta incontrollata nel nord Atlantico, quindi nel bacino del Mediterraneo e anche in Italia, con una decina di regioni che erano state messe in pre-allerta.
RAZZO CINESE CADUTO SULLA TERRA: LUNGO TRENTA METRI E LARGO 5
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Che la meta finale del razzo spaziale non fosse stata il Belpaese lo si era capito anche da quanto avvenuto poche ore prima dell’arrivo, con la Protezione civile che aveva deciso di chiudere il Comitato Operativo sulla base dei dati più recenti forniti dall’Asi, l’Agenzia Spaziale Italiana. Comunque l’attenzione era d’obbligo anche perchè lo stadio interessato era un oggetto mastodontico di circa 20 tonnellate, e una sua eventuale caduta su un territorio abitato avrebbe provocato non pochi danni. Basti pensare che la stazionale spaziale cinese che aveva tenuto il mondo con il fiato sospeso nel 2018 ne pesava “solamente” otto, di conseguenza era normale una certa apprensione.
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Fatto sta che il razzo di Pechino è stato probabilmente l’oggetto più osservato degli ultimi anni, visto che oltre al Norad e all’Asi, lo hanno tenuto sotto stretta osservazione anche l’Eusst (EU Space Surveillance and Tracking), di cui fa parte l’Agenzia Spaziale Europea (Esa), quindi l’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e il centro (Isoc Italian Space Surveillance and Tracking Operation Center) dell’Aeronautica Militare a Pratica di Mare. Il pezzo caduto in mare, stando alle stime, pare fosse un cilindro del diametro di circa cinque metri e lungo una trentina, quindi grande quanto più o meno un tir, un camion con rimorchio.