Google copia Apple: l’azienda di Mountain View si allea con la mela nella lotta alla tutela della privacy, e introduce la scheda privacy nel Play Store. Chi non la rispetta verrà buttato fuori.
Il mondo sembra sempre più andare nella direzione della tutela di privacy e dati di navigazione. Dopo il terremoto WhatsApp di inizio 2021, con nuova policy rimandata a metà maggio, nonché iOS 14.5 e la scheda privacy per le app su App Store, ecco la mossa di Google. Big G sembra avere tutte le intenzioni di accodarsi al rivale storico di Cupertino per quanto riguarda la tutela della privacy e dei dati di navigazione degli utenti.
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Google copia Apple e introduce la scheda privacy nelle app di Play Store: ecco come funzionerà
A quanto pare, come confermato dalla stessa Google, anche le app presenti sul Play Store avranno una sezione dedicata alla privacy, nella quale gli sviluppatori saranno obbligati a fare chiarezza su trattamento dei dati, di quali dati e dare la possibilità all’utente finale di concederli o meno. Si parla di inizio 2022 come entrata in vigore della nuova regolamentazione, con i colossi del web che iniziano a tremare.
Posizione, contatti e non solo. Le app presenti su Play Store dovranno far luce su quali dati vorrebbero prendere in prestito dagli utenti, se saranno crittografati e se rispettano le regole imposte da mamma Google. La sola differenza rispetto all’App Store? Potranno spiegare il perché e come verranno utilizzati i dati nello specifico, con l’utente che, se possibile, potrà decidere di non condividerli con le app.
Deadline fissata per il Q2 2022, termine entro il quale ogni sviluppatore dovrà mettersi “in regola” rispetto ai nuovi dettami del Play Store. In caso contrario, Google si riserverà il diritto di escludere le app non regolari e non accettarne di eventuali nuove.
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Prosegue così la rivoluzione del Play Store di Google. Dopo anni, l’azienda di Mountain View sta inaugurando una serie di novità che passano non solo dalla tutela della privacy degli utenti. Verranno introdotte regole più stringenti anche per quanto riguarda i nomi di app e servizi presenti nello store, come ad esempio l’esclusione di eventuali emoji o simboli.