Non è ancora entrato in azione il passaporto vaccinale, detto anche pass covid o green pass, che già emergono le prime criticità.
A sottolinearle è stato in particolare il Garante per la protezione dei dati personali, che nelle scorse ore ha inviato un avvertimento formale al governo in cui viene specificato come innanzitutto sarebbe stato necessario consultare la stessa Autorità prima di approvare uno strumento che utilizza i dati personali: “Il tempestivo e necessario coinvolgimento dell’autorità, previsto anche durante l’elaborazione di una proposta di atto legislativo, oltre a evitare il vizio procedurale, avrebbe consentito all’autorità di indicare tempestivamente modalità e garanzie contribuendo all’introduzione di una misura necessaria al contenimento dell’emergenza epidemiologica, rispettosa della disciplina in materia di protezione dei dati personali fin dalla progettazione. Il carattere di urgenza della norma non costituisce condizione ostativa al preventivo coinvolgimento dell’autorità”.
PASS COVID BOCCIATO DAL GARANTE: “MEGLIO ASPETTARE QUELLO EUROPEO”
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Il Garante poi aggiunge: “Il decreto Riaperture non garantisce una base normativa idonea per l’introduzione e l’utilizzo dei certificati verdi su scala nazionale, ed è gravemente incompleto in materia di protezione dei dati, privo di una valutazione dei possibili rischi su larga scala per i diritti e le libertà personali”. Secondo quanto specificato dall’Autorità, il pass covid o passaporto vaccinale o green pass, non specifica come verranno trattati i dati dei vari cittadini, e di conseguenza non è possibile valutarne la compatibilità con il Digital Green Certificate, la certificazione europea. Secondo l’Autorità, inoltre, non è ben chiaro come mai il governo abbia deciso di dotarsi di tale strumento provvisorio, in attesa di quello che verrà approvato dall’Unione Europea. Nel decreto “non viene specificato chi è il titolare del trattamento dei dati – scrive ancora il Garante – in violazione del principio di trasparenza, rendendo così difficile se non impossibile l’esercizio dei diritti degli interessati”.
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Si punta il dito anche su un eccesso di informazioni, visto che il pass covid dovrebbe contenere il certificato di immunizzazione, o eventualmente quello di guarigione dal covid, o ancora, quello di tampone negativo eseguito non più di 48 ore prima. “Le gravi criticità – aggiunge l’Autorità – rilevate si sarebbero potute risolvere preventivamente e in tempi rapidissimi se, come previsto dalla normativa europea e italiana, i soggetti coinvolti nella definizione del decreto legge avessero avviato la necessaria interlocuzione con l’autorità, richiedendo il previsto parere, senza rinviare a successivi approfondimenti”. Secondo il Garante, il pass covid sarebbe da bloccare, in attesa appunto di quello europeo.