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Google contro Oracle, la Corte Suprema ha messo la parola fine alla disputa decennale

Dopo più di dieci anni di processi, appelli e sentenze ribaltate è arrivato il giudizio definitivo e inappellabile della Corte Suprema riguardo il contenzioso legale tra Google e Oracle. Alla base del procedimento legale l’accusa da parte di Oracle a Google di aver rubato parti di codice di Java per riutilizzarle in Android.

Android

Con la sentenza emessa dalla Corte Suprema a favore di Google si chiude una controversia legale durata oltre dieci anni che nel corso del tempo ha dato ragione alternativamente ad entrambe le parti.

Correva l’anno 2010 quando iniziò la causa legale che contrappose le due aziende big nel settore tecnologico, Google e Oracle, in merito alla violazione di brevetti e della legge sul copyright.

Il contenzioso riguardava l’uso che l’azienda di Mountain View faceva del linguaggio Java, di proprietà di Oracle, nelle prime versioni del sistema operativo mobile Android. Con particolare riferimento all’implementazione della macchina virtuale Dalvik, fondamentale per il nuovo sistema di Google.

Google contro Oracle e la sentenza della Corte Suprema

Logo Oracle (Fonte foto: oracle.com)

La causa, fatta di continui ribaltoni, aveva visto in un primo momento Google riuscire ad affermare la propria posizione in primo grado nel 2012. Per poi perdere, dopo un nuovo svolgimento del processo nel 2018, conseguentemente all’appello di Oracle alla prima vittoriosa sentenza in primo grado di Google.

È proprio l’esito vittorioso dell’appello del 2018 a consentire ad Oracle di poter rivendicare il risarcimento danni richiesto in sede processuale, pari a 9 miliardi di dollari.

Ma è a questo punto che Google si rivolge alla Corte Suprema che accetta di tornare sul caso; dando ragione all’azienda di Mountain View con una maggioranza di 6 voti contro 2.

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L’esito della sentenza è stato raggiunto sulla valutazione della porzione di codice “copiato” e impiegato in Android. Questo infatti, seppur coperto da copyright, a giudizio della Corte Suprema rientrerebbe nei canoni previsti dal cosiddetto “Fair Use”; metro valutativo che negli Stati Uniti regolamenta l’utilizzo di materiale sotto copyright senza far richiesta di autorizzazione al legittimo proprietario.

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Duro, come riporta la BBC sul suo sito, il commento di Oracle che ha ribadito di essere in totale disaccordo con la sentenza, rimarcando le mosse da vero monopolista dell’azienda di Mountain View. Di tutt’altro umore, invece, Google che ha accolto la vittoria come un grande passo a favore dell’innovazione.

Francesco Celli

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