Il prestigioso istituto farmacologico Mario Negri di Milano, ha redatto un protocollo per la cura domiciliare per il covid, una serie di passaggi chiari e semplici per permettere appunto di curare a casa coloro che contraggono il coronavirus. Il “decalogo” è stato redatto alla fine del novembre 2020, e negli ultimi giorni sono arrivati anche i dati che certificano lo stesso protocollo, un passaggio fondamentale nel mondo della scienza.
Ma in cosa consiste il protocollo dell’istituto Mario Negri per i malati di covid? La prima regola è che all’insorgere dei primi sintomi bisogna iniziare la terapia, senza quindi aspettare l’esito del tampone, con il rischio di una moltiplicazione del virus, visto che nei primi 7-10 giorni da quando ci si infetta, questo progredisce molto velocemente. Inoltre, al posto della Tachipirina, veniva consigliato l’utilizzo di un altro farmaco molto comune, leggasi l’Aspirina; qualora subentrassero anche i dolori, a quel punto viene consigliato un antiinfiammatorio, leggasi l’Aulin, altro medicinale ben noto. Nei casi più gravi, ma sempre sotto la guida di un medico, bisognava invece intervenire con il cortisone, che come ricorda il Corriere della Sera, era stato quasi proibito durante la prima ondata covid datata primavera 2020.
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Il metodo del Mario Negri era stato adottato da circa trenta medici di famiglia che l’avevano poi sperimentato su cinquecento pazienti, ma come detto sopra, si trattava comunque di una “proposta”, di una sorta di test, seppur avvallato da menti autorevoli, a cominciare dal professor Remuzzi, il direttore dello stesso istituto meneghino, passando per Fredy Suter, ex primario di Malattie infettive al Papa Giovanni XXIII di Bergamo, e ancora, Norberto Perico e Monica Cortinovis.
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Ora sono giunti anche i dati, uno studio in fase di pubblicazione che confronta novanta pazienti covid trattati con il protocollo del Mario Negri, senza aspettare il tampone, con altri novata invece trattati con altri regimi. Ebbene, il “metodo Negri” funziona egregiamente; la differenza la si nota in particolare per quanto riguarda i sintomi come la perdita dell’olfatto e l’affaticamento, che durano meno nei malati trattati con il protocollo in questione (23% contro 73% dell’altro metodo). Ma soprattutto, solo due pazienti su 90 sono finiti in ospedale, rispetto a 13 su 90 dell’altro gruppo. Se paragoniamo anche i giorni di ricovero, la vittoria è schiacciante per il “metodo Negri”, 44 contro 481, per costi totali pari a 28.000 euro contro 296mila.
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