Onde radio per alimentare i dispositivi indossabili. E’ questo il risultato di un sistema particolare di antenne sviluppato dai ricercatori della Penn State University, guidati da Huanyu Cheng. Dati decisamente interessanti che sono state successivamente pubblicati sulla rivista Materials Today Physics, e che aprono a soluzioni fino ad oggi impensabili.
Le onde radio sono presenti negli ambienti che noi frequentiamo ogni giorno, si pensi ad esempio ai segnali emessi dai dispositivi come smartphone, tablet e computer, ma anche il WiFi, il microonde e molti altri apparecchi. Si tratta di una fonte di energia minore rispetto ad altre fonti come ad esempio quella solare o quella del movimento del corpo, ma ha dalla sua la particolarità di essere costante, continua. Possono quindi diventare delle fonti di energia innovativa per alimentare dei sensori e altre tecnologie, così come riportato dall’agenzia Ansa citando la ricerca di cui sopra. “Stiamo utilizzando l’energia che già ci circonda – le parole del capo ricercatore Huanyu Cheng – le onde radio sono ovunque, tutto il tempo”.
ONDE RADIO PER ALIMENTARE GLI INDOSSABILI: IL SISTEMA PARTICOLARE DI ANTENNE
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Cheng ricorda che se le onde radio non vengono “incanalate” vanno semplicemente sprecate: “Se non usiamo questa energia presente nell’ambiente circostante, viene semplicemente sprecata. Possiamo raccogliere questa energia e trasformarla in energia”. Ma come funziona nel dettaglio questa invenzione? I ricercatori hanno sviluppato due diverse antenne metalliche elastiche integrate su un materiale conduttivo fatto in grafene, con un rivestimento metallico: il sistema funziona anche quando viene stirato o piegato, e permette di trasmettere senza fili i dati che derivano dai sensori indossabili che vengono utilizzati per il monitoraggio di salute.
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A tale sistema, come scrive l’Ansa, è stato collegato un circuito che ha permesso di creare una cosiddetta “rectenna”, una speciale antenna che converte le onde elettromagnetiche in elettricità. Un’energia che può essere utilizzata per alimentare dispositivi che servono per monitorare l’idratazione e l’ossigenazione del sangue, ma anche la temperatura del corpo. “Non vogliamo sostituire nessuna delle attuali fonti di energia – ha aggiunto Cheng – stiamo cercando di fornire ulteriore energia costante”. E il ricercatore ha già ben in mente i progetti futuri: “I nostri prossimi passi saranno l’esplorazione di versioni miniaturizzate di questi circuiti e il lavoro sullo sviluppo della capacità di allungamento del raddrizzatore. Questa è una piattaforma in cui possiamo facilmente combinare e applicare questa tecnologia con altri moduli che abbiamo creato in passato. È facilmente estendibile o adattata per altre applicazioni e abbiamo intenzione di esplorare queste opportunità”.