Entro la fine dell’anno la moneta virtuale per eccelenza, i Bitcoin, potrebbero triplicare se non addirittura quadruplicare il proprio valore. “Negli Stati Uniti le banche di investimento descrivono ormai scenari in cui la quotazione di Bitcoin potrebbe essere tra 150 e 400 mila dollari entro la fine dell’anno”, parole di Ferdinando Ametrano, Head of Blockchain and Virtual Currencies in Intesa Sanpaolo e direttore scientifico del Crypto Asset Lab dell’università Milano-Bicocca, dove insegna ‘Bitcoin and Blockchain Technology’, rilasciate ai micrifoni di AdnKronos.
Al momento la quotazione dei Bitcoin è di circa 55mila dollari a pezzo, ed è nota la volatilità di questa moneta: “Ma la volatilità – spiega ancora Ametrano – è comparabile a quella di Apple, Netflix, Amazon e Tesla ovvero gli asset più performanti degli ultimi dieci anni. I rendimenti sono sempre la remunerazione di rischi, è evidente che grandi ritorni finanziari debbano essere collegati a grandi rischi di volatilità”. Ma secondo Ametrano il Bitcoin non è una moneta in grado di sostituire gli attuali contanti, bensì un bene rifugio come l’oro: “Bitcoin strumento di pagamento è sempre stato implausibile e non è mai decollato – spiega a riguardo – si è affermato invece il concetto di Bitcoin come bene rifugio e ‘oro digitale’“.
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“In questo ovviamente sono d’accordo con il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell – ha proseguito Ametrano – che vede Bitcoin come un possibile ‘sostituto dell’oro’ più che una valuta. Non a caso l’istituto che ho fondato si chiama ‘Digital Gold Institute’”. Critiche quindi nei confronti di Elon Musk, che negli scorsi giorni aveva annunciato la possibilità di acquistare azioni Tesla anche con i Bitcoin: “Questa narrativa la vedo una trovata di marketing, anche quando lo stesso Elon Musk dice che si possono comprare le Tesla in Bitcoin. D’altronde nessuno paga il cappuccino grattugiando un po’ di oro fisico dal suo lingotto”.
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Resta il fatto che in America sembrerebbero essere avanti anni luce in materia rispetto all’Europa: “Negli Usa nei mesi scorsi abbiamo assistito allo sdoganamento del fenomeno Bitcoin: tutte le banche possono essere depositarie di bitcoin, sono state concesse licenze bancarie a borse di scambio Bitcoin, stanno investendo in Bitcoin non solo hedge fund ma anche gruppi assicurativi e le tesorerie di aziende quotate. In Europa invece siamo molto più indietro: la ragione si può far risalire alla sciagurata dichiarazione dell’Eba che nel 2014 suggeriva ai regolatori di scoraggiare le istituzioni finanziarie dal comprare, vendere o detenere criptovalute”.
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