Secondo le stime, la percentuale di italiani che usa l’app Immuni è molto bassa: sembra sia poco efficace nella lotta contro il Covid-19.
Dal giorno in cui l’app è stata creata, gli italiani hanno mostrato molta diffidenza. In primis, per il timore che la loro privacy potesse essere violata. In secondo luogo, perché convinti che l’applicazione sarebbe stata poco attendibile e non abbastanza utile nel rilevare casi di Covid o presunti tali tra le persone con cui sarebbero entrati in contatto.
Malgrado ciò, in un primo momento, la percentuale di download del software è risultata soddisfacente. Secondo alcuni utenti, è riuscita a rilevare, in più occasioni, possibili casi, così da evitare un contatto diretto. Ma, si sa, se la persona che hai di fronte non ha ancora sintomi e non vi è certezza della positività, i dati del Ministero della Salute non sono d’aiuto.
Come ricordiamo, Immuni registra tutti i casi accertati, inviati dal Ministero ai responsabili tecnici. Il problema del Coronavirus è il suo essere subdolo. Le molteplici condizioni di asintomaticità hanno reso il tracciamento sempre più complicato. Ecco che, di lì a poco, la diffidenza a cui si è accennato è cresciuta.
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Immuni, un fallimento contro il Covid-19
L’applicazione, lanciata nel mese di giugno 2020, non è riuscita a dare la giusta tranquillità ai cittadini italiani. Il virus ha continuato ad insinuarsi sempre più negli ultimi mesi. Sono, dunque, i numeri a parlare per Immuni.
In base ai dati aggiornati al 15 marzo scorso, pubblicati sul profilo Twitter ufficiale, la media di diffusione dell’app in tutte le regioni è pari al 19,6%, considerando la popolazione con età superiore a 14 anni. Risultato molto più basso delle previsioni.
Le percentuali più elevate sono in Emilia-Romagna (25,2%), Abruzzo (24,3%) e Toscana (24,2%). Nel resto della penisola, invece, è molto più bassa: Calabria con il 14,3%, Campania con il 14,2% e Sicilia con il 14,0% (vedi dettagli in foto).
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Per verificare e capire meglio l’andamento negativo di questi dati basta semplicemente notare che la percentuale media a metà gennaio si aggirava attorno al 19,3%: solo +0,3% in due mesi, trattandosi poi di un periodo segnato da un nuovo aumento dei contagi da COVID-19.