Polymateria brevetta la biotrasformazione della plastica per contrastare l’inquinamento ambientale del polietilene che finisce fuori dalla raccolta regolamentata.
Una plastica adatta ad essere riciclata ma che nel tempo diventa biodegradabile. È possibile grazie alla tecnologia della “biotrasformazione” brevettata dalla start-up londinese Polymateria. A questo ritmo, si legge sul sito ufficiale dell’azienda britannica, ci ritroveremo entro il 2050 a dover gestire la bellezza di 7,2 miliardi di tonnellate di plastica. Di questi, almeno due miliardi sfuggiranno ai sistemi di raccolta dei rifiuti diventando “fugitive plastic” e finendo in natura, su terra e nel mare sotto forma di microparticelle di plastica.
La biotrasformazione viene applicata a due tipi di materiale: Degraid, la plastica sottile per sacchetti e Cycle Plus, quella più spessa per imballaggi rigidi. Entrambi possono essere riciclati in ossequio ai dettami della cosiddetta “economia circolare”, quella del riduci, riusa, ricicla e recupera, per intenderci. Inoltre, essendo biodegradabile, vanta un impatto ambientale sostenibile se finisse fuori dalla raccolta dei rifiuti.
L’aspetto negativo dell’attuale plastica biodegradabile (avete presente i sacchetti per la spesa del supermercato?) è proprio che non è riciclabile – o lo è in maniera non significativa – e alimenta il circolo vizioso della produzione smodata. Non solo: alcuni tipi di plastica biodegradabile si dissolvono solo in ambiente di compostaggio, ma non in ambiente naturale, costituendo una minaccia per flora e fauna.
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Polymateria è differente perché contiene delle sostanze che ne innescano la degradazione dopo un dato lasso di tempo, circa quattro mesi per la plastica sottile e flessibile, intorno ai tre anni per quella rigida. Una volta partito il processo chimico, il materiale perde via via fisicità trasformandosi in una cera atossica per ambienti terrestri e marini che può essere consumata da funghi e batteri. Proprio come accade con i cibi, anche la plastica di Polymateria riporterà una data di scadenza entro la quale sarà possibile il riciclo.
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Gli utilizzi concepiti finora riguardano l’industria alimentare: bottiglie per bevande e detergenti, vaschette, contenitori, cannucce e bicchieri per la plastica rigida, sacchetti e pellicole trasparente per quella flessibile. L’azienda insiste sull’opportunità di riciclare entrambi fino a quando è possibile, ma nel caso fossero smaltiti in ambiente naturale prima della data di scadenza, i due materiali impiegherebbero rispettivamente 226 e 336 giorni a scomparire senza lasciare traccia. L’importante, paradossalmente, è che non vengano smaltiti con il resto della raccolta indifferenziata, un ambiente asettico dove il processo di biodegradazione non potrebbe avere luogo.
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