Oumuamua ha attraversato il Sistema Solare nel 2017 e il suo comportamento inaspettato ha fatto pensare a molti che potesse trattarsi di un pezzo di tecnologia aliena.
Togliamoci subito il dente, sapendo di deludere tutti gli appassionati di ufologia, civiltà extraterrestri e aree 51 varie: Oumuamua non sarebbe una nave aliena. A rivelarlo è uno studio sull’ormai celebre corpo celeste transitato nel nostro sistema solare nel 2017. L’articolo, appena pubblicato sul “Journal of Geophysical Research: Planets”, è firmato da due astrofisici della Arizona State University, Alan Jackson e Steven Desch. Le ipotesi dei ricercatori spiegano molto bene l’inatteso comportamento dell’oggetto interstellare.
Facciamo un veloce riassunto delle puntate precedenti: Oumuamua, termine che in hawaiano significa “viaggiatore” o “esploratore”, è stato avvistato nel nostro sistema solare tra l’ottobre e il novembre del 2017. Dalla forma oblunga e dalle dimensioni di “un piccolo edificio di tre piani”, Oumuamua ha suscitato diverse supposizioni circa la sua natura. Cometa? Asteroide? Artefatto alieno? A non escludere quest’ultima possibilità era stato addirittura Avi Loeb, professore di Astrofisica ad Harvard. Segno che Oumuamua poneva dei problemi ben al di là dei sensazionalismi più comuni.
Particolarmente spiazzante per scienziati e osservatori è stato il comportamento di Oumuamua mentre orbitava intorno al Sole. In questa fase ha perso massa e acquisito una forma più piatta. E soprattutto, ha mostrato una velocità ben più alta del dovuto – o meglio, più alta di quanto ci aspettassimo. Quindi, ha sfruttato la forza gravitazionale della nostra stella per lanciarsi fuori dal Sistema Solare, proseguendo il suo viaggio tra le stelle. Tanti i dettagli rimasti senza spiegazione e che hanno alimentato lo scenario di un primo, manifesto incontro ravvicinato con una tecnologia aliena.
Non è così per Jackson e Desch che invece vedono in Oumuamua un pezzo di un pianeta nano dello stesso tipo di Plutone. Più precisamente, un pezzo formato da ghiaccio di azoto, appunto lo strato che ricopre Plutone. I due studiosi immaginano un giovanissimo sistema solare a mezzo miliardo di anni luce da noi, in cui i corpi erano ancora in continua collisione fra loro. Proprio uno scontro potrebbe aver causato l’espulsione di un blocco di azoto solido dal sistema, mandandolo in giro nello spazio.
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L’idea di un frammento di ghiaccio di azoto è coerente con l’aspetto luminoso e cangiante di Oumuamua, che aveva fatto pensare al metallo e che allo stesso tempo richiama le capacità di riflessione della luce della superficie di Plutone (e di Tritone, satellite di Nettuno e anch’esso ricco di azoto). Così come spiegherebbe l’accelerazione apparentemente eccessiva in vicinanza con il Sole: l’aumento di temperatura dell’azoto potrebbe aver dato ad Oumuamua quella spinta in più che l’ha spedito fuori dal Sistema Solare.
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Steven Desch è sicuro che il paper abbia colto nel segno: “Probabilmente il mistero è risolto. È ragionevole che Oumuamua sia una scheggia di un eso-pianeta dello stesso tipo di Plutone. Siamo di fronte al primo oggetto esterno al Sistema Solare mai scoperto, è comprensibile che in parecchi abbiano pensato agli alieni. Ma la scienza ha sempre il dovere di non saltare a conclusioni affrettate“.
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