La vis polemica, pubblica o fra le righe, da entrambe le parti, evidenzia la distanza che intercorre attualmente fra Microsoft e Google. Praticamente ai ferri corti, come evidenziato dall’autorevole Corsera.
Gli attriti forse mai sopiti, sono esplosi pubblicamente, attraverso un doppio j’accuse, dai toni insolitamente veementi, figli probabilmente delle pressioni che legislatori e regolatori stanno mettendo sui due colossi della tecnologia. Sia su quello creato da Bill Gates e Paul Allen, sia sull’azienda californiana di Mountain View.
Brad Smith attacca Google senza mezzi termini evidenziando l’eccessivo strapotere del gruppo statunitense guidato attualmente da Sundar Pichai.
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“Le organizzazioni dei media sono costrette ad usare gli strumenti di Google – tuona il presidente di Microsoft, durante un’udienza del Congresso Usa – operare sulle piattaforme pubblicitarie, fornire dati alle operazioni di Google e a pagare Google”.
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Parole al vetriolo, che guarda caso seguono a poche settimane alla scesa in campo di Microsoft al fianco degli editori europei, per chiedere l’introduzione di un meccanismo in “stile Australia” con il fine di costringere le Big Tech (Google e Facebook, in primis) a pagare per i contenuti delle notizie condivise sulle loro piattaforme.
“Quando le aziende cominciano a minacciare i Paesi e a dire che se i loro legislatori approvano leggi che non gli piacciono, si ritirano e se ne vanno, allora c’è qualcosa che non va – rimarca Brad Smith riguardo proprio all’atteggiamento di Google in Australia – nessuno dovrebbe essere al di sopra della legge. Nessuna persona, nessun governo, nessuna azienda, nessuna tecnologia”.
Google rispedisce le accuse al mittente, accusando pubblicamente Microsoft di “attaccare i rivali” facendo pressioni sul Congresso per limitare il potere delle Big Tech.
Meno di un’ora prima dell’inizio dell’udienza del Congresso, nella quale dovrebbe testimoniare il presidente di Microsoft, Google pubblica un post al vetriolo sul blog, insinuando tutte le pressioni di Microsoft, criticandolo le “tattiche diversive” e negando la stretta sull’industria dell’informazione.
“Il ritrovato interesse di Microsoft ad attaccarci arriva sulla scia dell’assalto hacker di SolarWinds in un momento in cui hanno violato decine di migliaia di loro clienti – ribatte Google – comprese le agenzie governative degli Stati Uniti, la Nato, le banche, le organizzazioni non-profit e i fornitori di telecomunicazioni, i servizi pubblici e la polizia, i vigili del fuoco e le unità di soccorso, ospedali e, presumibilmente, anche le organizzazioni di notizie, nascondendo tutta la sua le vulnerabilità”. Più ferri corti di così.
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