Se il 2020 è stato l’anno (purtroppo) di lockdown e pandemia da Coronavirus, il 2021 (si spera) possa essere l’anno del vaccino anti-Covid. Scende in campo anche il calcio, col suo numero uno Gabriele Gravina.
“Vacciniamo noi l’Italia”. Sic et simpliciter, il presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio, in uno stralcio di un’intervista sul Corriere dello Sport.
Vaccini, il rilancio di Gravina: “Hub sportivi a disposizione per accelerare l’immunizzazione del nostro Paese”
Il piano nazionale di vaccinazione per il Covid-19 è partito il 27 dicembre 2020 e si articolerà in più fasi. In primis i vaccini sono stati prerogativa di operatori sanitari e sociosanitari, il personale e gli ospiti dei presidi residenziali per anziani e gli anziani over 80.
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Nelle fasi successive i vaccini riguarderanno le persone estremamente vulnerabili, intese come affette da patologie o disabilità, che comportano un rischio particolarmente elevato di sviluppare forme gravi o letali di Covid-19. A seguire le persone dai 70 ai 79 anni e la popolazione con almeno una comorbidità cronica.
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Gabriele Gravina vuole inserire anche i giocatori di calcio fra le priorità, alla stregua di quel Francesco Caputo del Sassuolo. Che all’inizio del lockdown fece parlare di sé per un esultanza con dedica speciale. “Restate a casa, andrà tutto bene!”. Adesso l’attaccante neroverde scriverebbe altro su quel foglio esposto al Mapei Stadium: “Adesso – rimarca Caputo, in un’intervista a Repubblica – direi: vacciniamoci tutti. E’ l’unica soluzione per liberarci dalla pandemia”.
Gravina cavalca l’onda: “Il calcio mette a disposizione i suoi hub sportivi per accelerare l’immunizzazione del nostro Paese – continua il Presidente della FIGC – tutti i club hanno un’organizzazione sanitaria. Noi offriamo questa rete per somministrare il siero alla popolazione. Al fianco della Protezione Civile, vogliamo dare il nostro contributo”.
Purtroppo l’Italia è indietro dal punto di vista dei vaccini. “L’Italia si trova al 41esimo posto della classifica mondiale per vaccini fatti in rapporto alla popolazione”. Questo l’allarme dell’infettivologo Matteo Bassetti.
Ci precedono solo in Europa: Ungheria, Danimarca, Norvegia, Grecia, Polonia, Finlandia, Spagna, Portogallo, Irlanda, Svezia, Romania e Germania”.
Attualmente solo 12 regioni hanno attivato i necessari accordi territoriali. Si tratta, secondo una rilevazione della Federazione italiana dei medici di medicina generale (Fimmg), di Basilicata, Calabria, Emilia-Romagna, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana, Umbria, Valle D’Aosta, Lazio, Puglia e Provincia autonoma di Trento, anche se non tutte sono già partite operativamente.