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Facebook e GPDP: nasce Revenge Porn. E pornografia non consensuale

Il Garante per la Protezione dei Dati Personali e Facebook hanno dato vita a una interessante iniziativa volta ad aiutare le persone che temono la diffusione di foto o video intimi, senza il loro consenso.

Revenge Porn, l’iniziativa di GDPD e FB (Adobe Stock)

“Non vogliamo che Facebook sia un luogo in cui le persone temono che le proprie immagini intime possano essere condivise senza il loro consenso”. Comincia così la “nota” di Facebook sul programma pilota: “Ci impegniamo costantemente per impedire questo tipo di abuso e tenere questi contenuti fuori dalle nostre piattaforme”.

Facebook e GPDP, come segnalare una foto intima condivisa senza autorizzazione

Facebook e GDPD insieme per Revenge Porn (Adobe Stock)

Il Garante per la protezione dei dati personali ha deciso di mettere a disposizione sul proprio sito un canale di emergenza https://www.gpdp.it/revengeporn in soccorso delle persone che temono che i propri video o le loro foto vengano prese sui social senza il loro consenso, attraverso la compilazione di un modulo da fornire all’autorità.

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Idem Facebook. Attraverso il pulsante “segnala” accessibile toccando la freccia verso il basso o “…” accanto a un post.

“I membri appositamente formati del team Community Operations di Facebook controlleranno l’immagine segnalata e la rimuoveranno se viola gli standard della community – si legge negli strumenti di facebook – disabiliteremo anche l’account che ha condiviso le immagini intime senza autorizzazione”.

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Il Revenge Porn e, piĂą in generale, il fenomeno della pornografia non consensuale, consiste nella diffusione di immagini pornografiche o sessualmente esplicite a scopo vendicativo (come sottolinea il GDPD) per denigrare pubblicamente, bullizzare e molestare la persona cui si riferiscono. Una pratica dagli effetti drammatici a livello psicologico, sociale e anche materiale sulla vita delle vittime.

Alcuni consigli utili: se sono state già diffuse immagini esplicite da terzi all’insaputa, meglio chiedere a chi le detiene, di cancellarle (è un diritto garantito dalla normativa italiana) in modo da bloccare ogni ulteriore diffusione.

Massima attenzione al “deepnude”, una particolare forma di deep fake che rielabora immagini o video in un contesto diverso da quello originario, tramite un sistema di intelligenza artificiale. Evitare di essere complice, ma soprattutto proteggere i più piccoli: non lasciandoli soli durante l’utilizzo dei social, oppure sorvegliando la loro attività.

Antonino Gallo

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